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Indice

Introduzione ……………………………………………………………………….pag.3

 

Cap.1 Presupposti teorici della ricerca…………………………………….pag.5

1.1        Il passaggio dalla modernità alla post modernità: una lettura antropologica dell’avvento della società dei consumi……………….pag.5

1.2        Cittadinanza e il nodo della rappresentanza ……………………….….pag.11

  1.3   La progettazione sociale tra mappe e territorio……………………….pag.16

 

Cap. 2 Una realtà Reggiana……………………………………………..……pag.21

2.1        I poli e la loro articolazione sul territorio …………………………….pag.23

2.2.      Le attività offerte dai poli……………………………………………………...pag.26

2.3        Sostegno ed accompagnamento…………………………………………..pag.27

2.4        Progettazione partecipata con il territorio…………………………….pag.28

  

Cap. 3 Le risorse presenti sul territorio…………………………….…..pag.29

3.1 La Caritas Reggiana ……………………………………….…………………….…pag.33

3.2 Il Centro immigrati di Reggio Emilia……………………………..………..pag.37

3.3 Centro Salute Famiglie Straniere…………………………………………….pag.38

 

Cap. 4 Due realtà a confronto, una ricerca comparativa ………...pag.48

4.1 Una ricerca comparativa: Reggio Emilia e il XIII Municipio    Romano…………………………………………………………………………………….……...pag.49

4.2 I servizi presenti nei diversi Territori…………………………………………pag.52

 

Conclusioni……………………………………………………………………………………….……..pag.55

Bibliografia ……………………………………………………………………………..………………….pag.57

Bibliografia FAD…………………………………………………………………………….…………….pag.59

Sitografia ………………………………………………………………………………..………………...pag.61

Riferimenti Normativi …………………………………………………………..…………………..pag.62

 

INTRODUZIONE

 

La questione relativa al tema dell’immigrazione  a Reggio Emilia rimane costantemente aperta, non solo per la rapidità con cui il fenomeno sta evolvendo nelle sue variegate componenti, ma anche per le articolazione che lo stesso esprime su una vasta scala.

Si è cercato di ricostruire attorno al tema i condizionamenti di carattere strutturale, di prendere atto della crescente complessità delle problematiche e della loro connessione diretta con le politiche di coesione sociale ed infine delle mutate caratteristiche economiche, demografiche ed infine sociali del nostro territorio.

L’obiettivo  principale di questo lavoro di tesi, consiste nella rilevazione del sommerso e della marginalità diffusa nel Territorio con riferimento alla presenza degli “stranieri”,  degli immigrati e della relativa rete informale di relazioni, intraterritoriale ed extraterritoriale. Inoltre, Lo scopo del presente lavoro è duplice: da una parte, descrivere le politiche locali per gli immigrati dei Comuni e dall’altra, cercare di portare alla luce i fattori “macro” e “micro” che in questo specifico contesto possono generare approcci differenziati.

La ricerca si basa su uno studio in profondità di due casi, corrispondenti al Comune di Reggio Emilia e al XIII Municipio di Roma.

La scelta delle due realtà nasce innanzitutto da un lavoro di tirocinio svolto dal gruppo Romano,dal mio percorso di vita/lavoro presso la Pubblica amministrazione di Reggio Emilia e da un  disegno di ricerca che punta ad analizzare esperienze diverse dal punto di vista della dimensione dei Comuni, della modalità di gestione delle politiche sociali e del numero di immigrati residenti.

Si è dunque scelto un Comune capoluogo (Reggio-Emilia), con uno dei tassi migratori più alti di tutta la Regione dell’Emilia Romagna e il terzo Municipio Romano per estensione il più ampio (dopo il XX e il XII)

Sono state esplorate le seguenti macro aree:

·                    Fruizione e accesso al diritto al lavoro

·                    Fruizione ed accesso al diritto all'alloggio

·                    Fruizione ed accesso al diritto della salute

·                    Fruizione ed accesso al diritto della cultura e socialità

L’integrazione dei cittadini stranieri nell’immaginario collettivo è poco visibile e/o male rappresentata, mentre la loro marginalità è visibilissima. Gli immigrati che lavorano non fanno notizia. I casi di devianza, o anche solo intromissione disturbante nella vita dei residenti ( lavavetri, venditori abusi, vagabondaggio, povertà ecc.) suscitano reazioni emotive, vengono percepiti come minaccia per la sicurezza e la convivenza. Gli sforzi per l’integrazione compiuti dalla maggior parte degli immigrati non sono mai posti in evidenza, sono rappresentati come secondari e di conseguenza rischiano di diventarlo effettivamente. Bisogna favorire la visibilità della componente integrata, gli sforzi compiuti e le difficoltà. Per favorire un bilanciamento dell’informazione verso l’opinione pubblica.

Il lavoro degli immigrati produce benefici per lo sviluppo economico dell’intera comunità. Gli immigrati sono disponibili ad occupazioni insalubri e precarie, ma diventano poi un fattore di disagio quando sono vicini di casa, padre di un compagno di scuola, frequentante lo stesso bar ecc. Occorre rappresentare adeguatamente i benefici strutturali nell’economia locale, dalla produzione, ai consumi, al credito, ai servizi.

L’obiettivo finale di questo lavoro  nonché  il risultato atteso  è stato quello di indagare la consapevolezza di diritti e la concreta possibilità di accesso ai servizi da parte degli stranieri che vivono quotidianamente a Reggio Emilia, evidenziando i rapporti strumentali, funzionali e solidaristici tra reti migranti e tra i singoli e le reti con le istituzioni ed il terzo settore. Il tutto è stato possibile mappando il territorio, intervistando i testimoni privilegiati  (UFFICI COMUNALI, UFFICIO SCUOLE, CSFS, CTP, CARITAS, SERVIZI SOCIALI , CI, CENTRI DI ASCOLTO ) ed infine analizzando concretamente le risorse presenti sul territorio.

A tutti va un sentito ringraziamento.

 

 

CAPITOLO 1 Presupposti teorici della ricerca

 

1.1       Il passaggio dalla modernità alla post modernità: una lettura antropologica dell’avvento della società dei consumi.

 

Il disegno della presente ricerca viene inquadrato all'interno del più vasto panorama teorico della letteratura riguardante la modernità, la postmodernità e la fase di passaggio dalla prima alla seconda che ha costituito il momento di svolta per l’intero panorama delle scienze sociali, costrette a confrontarsi con la realtà della società contemporanea.

L’antropologia culturale ha superato la categorizzazione bipolare società moderna occidentale / società semplice (o primitiva) extra-occidentale e la connessa distinzione culture complesse / culture tradizionali che era propria della sua fase evoluzionista. «Oggi i processi di acculturazione e in genere di mutamento sempre più profondo e rapido, le migrazioni, le mescolanze etniche e culturali su scala planetaria, le dinamiche socio-economiche con i loro corollari sul piano culturale, hanno tolto quasi del tutto ogni consistenza ai vecchi presupposti valutativi, che pretendevano sceverare […] culture semplici da culture complesse»[1]. Non si ragiona più in termini di categorie, che vengono per lo più superate (la religione è una delle pochissime superstiti) ma confrontandosi con l’individuo altro. Vincent Crapanzano descrive l’incontro etnografico come «una complessa contrattazione nella quale i partecipanti tacitamente concordano una realtà di riferimento. Questa realtà non appartiene […] a nessuna delle parti in causa»[2]. L’approccio di lavoro proposto e le teorizzazioni che ne deriveranno segneranno il passaggio dalla società complicata alla società complessa per quello che concerne gli studi antropologici.

L’odierna società postmoderna è complessa in quanto figlia di un sistema non di tipo causale, espressione della “modernità” imperniata sulla conoscenza oggettiva del mondo, bensì di tipo casuale che è imperniato su due fattori: l’imprevedibilità e la velocità dei cambiamenti sia sincronici che diacronici. «Le società complesse interessano quasi la totalità delle società esistenti»[3]  che si caratterizzano per la loro instabilità causata dalla presenza di un enorme numero di variabili che non sono né controllabili né prevedibili.

Finisce quindi la pretesa di dare un senso univoco e definitivo alla realtà che si definisce piuttosto in termini di differenza e molteplicità e in cui le differenze servono a determinare la propria diversità e, al contempo, la propria identità. Ne consegue che l’odierna società è molto frammentata anche a livello esistenziale, il che produce quello che Vattimo ha definito «complessivo effetto di “spaesamento” che accompagna il primo effetto di identificazione»[4] e si deve confrontare con la tendenza, di segno opposto, rappresentata dall’internalizzazione del consumo, delle informazioni e della produzione.

Nel libro “Antropologia come critica culturale”[5] gli antropologi Fisher e Marcus mostrano l’evoluzione dell’approccio utilizzato dalle discipline umanistiche e scienze sociali che producono lo sforzo di fornire le loro rappresentazioni partendo dall’interno e valorizzando le differenze e le diversità di fronte alla più ampia consapevolezza di una crescente omologazione del mondo.   

Il linguista e antropologo americano Edward Sapir nella sua analisi antropologica evidenzia la contrapposizione tra culture che definisce genuine e quelle spurie. La cultura genuina è quella in cui vi è armonia tra i bisogni della società e quelli dei propri singoli membri e in cui «le attività principali di un individuo devono soddisfare direttamente i suoi impulsi creativi e emotivi»[6]. Viceversa la società spuria è potenzialmente efficiente dal punto di vista economico ma incapace di esprimere una cultura genuina rispondente in modo organico alle aspirazioni degli individui che hanno smarrito la “spiritualità” nel proprio agire.

Oggi risulta sempre più difficile riuscire a rilevare un nesso stabile e coerente tra bisogno e soddisfacimento dello stesso e l’incertezza che ne deriva distingue gran parte delle società contemporanee caratterizzate da rapporti di tipo spurio, ossia casuale, nelle relazioni “bisogno-soddisfacimento” e che, quindi, non sono più indagabili con gli strumenti tradizionali.

Questa nuova condizione della società viene analizzata nell’opera di Bauman “Modernità liquida”, termine che ha assunto valore di neologismo e indica «una concezione sociologica che considera l’esperienza individuale e le relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante e incerto, fluido e volatile». 

La globalizzazione rompe i vincoli spazio-temporali, trasformando le relazioni economiche, sociali, produttive ed esistenziali ed inaugura l'avvento della società dei consumi, spazio virtualizzato in cui il luogo di produzione e di consumo non coincidono e in cui «capitale e conoscenza si sono entrambi emancipati dalla loro dimensione locale. La collocazione geografica dei loro possessori conta poco ora che il 90% delle transazioni finanziarie che producono ricchezza non è più vincolato al movimento delle merci materiali e ora che la circolazione delle informazioni avviene per lo più entro i confini del cyberspazio»[7]. Robertson ha coniato il termine “glocalizzazione” per sottolineare una peculiarità del  mondo contemporaneo nel quale la tendenza alla globalizzazione, del capitale e dell’informazione, agisce in modo correlato, e in evidente contraddizione, con la tendenza alla localizzazione in cui è arroccata la politica. Dunque «il potere, in quanto incarnazione della circolazione mondiale di capitali e informazioni, diventa sempre più extraterritoriale, mentre le istituzioni politiche esistenti continuano ad avere un carattere prettamente locale. Ciò porta inevitabilmente a una progressiva perdita di potere dello Stato nazionale che ha smesso di controllare i processi d’integrazione sociale»[8]. Quest’ultimo compito, elemento distintivo e cardine dello Stato moderno, viene delegato ad altri soggetti che agiscono, spesso, potendo godere di larga autonomia e in qualche modo incontrollati.

La postmodernità e la globalizzazione hanno innescato un processo di estraneazione dal territorio che è il principale responsabile della marginalità sociale. Il processo di marginalizzazione sociale ha perso la sua accezione culturale e non è più collegato all’occupazione bensì è diventato una condizione spontanea nella quale il lavoro non è più la discriminante di uno status sociale che, a sua volta, non è più collegabile in modo stringente al consumo. Se il reddito da lavoro non è più la garanzia di uno status sociale cala la fiducia nell’attività lavorativa, sempre più caratterizzata da precarietà e flessibilità, che diventa semplicemente uno dei tanti fattori (insieme al possesso o meno di una casa di proprietà, alla presenza o meno di forme di addebitamento come gli assegni di mantenimento per l’ex moglie, ecc..) che determinano la propria posizione nella società e le condizioni in cui poter vivere il territorio.

Analizziamo dunque il rapporto che intercorre tra status, lavoro e consumo per formulare delle considerazioni aggiuntive sulla dimensione dell’esclusione sociale. Prima dell’avvento della globalizzazione e della postmodernità il sistema si riproduceva grazie al ruolo centrale per la vita individuale e collettiva svolto dal lavoro in quella che, in epoca industriale, si definiva “società dei produttori”. Il passaggio alla “società dei consumi” e quindi l’avvento del consumatore ha condannato il lavoro a cedere la propria funzione di integrazione sociale al consumo sacrificando così la sua connotazione etica ed appropriandosi di una dimensione puramente estetica.

Il rischio insito nella società contemporanea, fa notare Bauman[9], non si limita alla produzione di forme di povertà classiche, quali l’indigenza economica e materiale o la sofferenza fisica, ma si moltiplicano anche situazioni di miseria dovute a condizioni sociali e psicologiche critiche. «Dietro la crescita del mercato e di burocrazie c’è un declino della comunità e di quel valore individuale del sé di cui la salute mentale non può fare a meno»[10]. Queste forme moderne di povertà ed emarginazione sono possibili effetti collaterali dell’incapacità di consumo che, nella società contemporanea, è considerata una grave colpa.

Oggi, maggiormente che nel passato, il rischio di esclusione sociale, ossia l’impossibilità materiale di poter usufruire delle risorse, è molto sviluppato e produce una marginalità urbana che assume forme diverse coinvolgendo differenti personalità: dall’immigrato irregolare al soggetto affetto da dipendenza, dal disoccupato al psichiatrico. Il processo di esclusione, che accelera nelle fasi di congiuntura economica negativa come quella attuale, e lo scollamento dal territorio, per effetto di processi di globalizzazione e dell’inadeguatezza delle istituzioni, rende i cittadini sostituibili e potenzialmente marginali. La marginalità è il riflesso della diseguaglianza sociale che, generalmente, è progressivamente aumentata negli ultimi decenni e che può essere letta come una degenerazione dovuta all’indebolimento dei valori e delle norme comuni.

Nella sua evoluzione la società ha quindi sacrificato, insieme al lavoro, l’obiettivo vitale dell’integrazione sociale per approdare ad una fase, senza ordine né ideologie, nella quale l’esistenza sociale perde la sua connotazione oggettiva. Secondo Giddens, che rifiuta il termine postmoderno e parla di profonda radicalizzazione nella modernità della società contemporanea, «il sapere gelosamente custodito è ora sostituito dal sapere degli esperti che dovrebbero fornire sempre maggiori certezze sul mondo, ma la stessa condizione di tale certezza, è il dubbio»[11]. Le certezze vengono dunque sostituite dal dubbio così come il rischio prende il posto della riproduzione dell’ordine. La paura e la percezione del pericolo in una realtà così complessa e virtualizzata ha sviluppi imprevedibili. Nella società contemporanea “l’altro” o “il diverso" (considerato il tema di questo testo possiamo far riferimento allo straniero) continua a rappresentare un rischio. Questa “visione” rappresenta un ostacolo nel percorso di integrazione sociale e, molte volte, genera forme di autoesclusione: il territorio perde la sua dimensione originaria, al suo interno si sviluppano molti confini immaginari al cui interno, più o meno volontariamente, ci si rifugia per un bisogno di sicurezza o di appartenenza come esiliati inconsapevoli.

Touraine, in questo panorama, denuncia «l’assenza del principio centrale di costruzione della vita sociale: l’utilità sociale, la razionalizzazione e la lotta di classe»[12] e, nell’affermare il fallimento del postmodernismo in funzione delle realtà sociali, aggiunge che «se accettiamo senza riserve il declino della politica non resterà che il mercato a regolare la vita collettiva»[13].

La società complessa sembra quindi aver cancellato molte certezze e punti di riferimento producendo un forte senso di smarrimento e un generale senso di insicurezza nelle persone. Il fenomeno della povertà e della marginalità va intesa dunque in un duplice aspetto: quello prettamente economico legato ai consumi e quello socio-psicologico legato a nuove forme di ansia e di paure collettive. La società contemporanea produce e riproduce situazioni di marginalità che si manifestano in termini di povertà economica, disoccupazione, abitazioni inadeguate, violenza, discriminazione etnica e sociale. Su questo scenario incide la perdita dei legami interpersonali, che rappresentavano una risorsa importante per contrastare questi fenomeni, e si intrecciano storie di uomini che vivono ai margini della società. L’”uomo marginale” per eccellenza «è lo straniero che rappresenta un uomo al margine di due culture e di due società, che non sono mai completamente compenetrate e fuse»[14].      

Alla luce di tutte queste considerazioni appare evidente l’importanza di una riconciliazione col territorio sia da parte delle istituzioni sia da parte della cosiddetta società civile per ristabilire i legami sociali. Infatti questa “distanza”, sviluppatasi in modo progressivo negli ultimi anni, nasconde numerose insidie, per le cause illustrate precedentemente, e rischia di accelerare il preoccupante fenomeno dell’esclusione sociale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1.2       Cittadinanza e il nodo della rappresentanza

 

L'assenza di confini certi del territorio e la suddetta distanza tra istituzioni e società civile apre un ragionamento complesso sul rapporto tra legittimazione, consenso e controllo sociale, in una relazione circolare e ricorsiva che spiega spesso la presenza o assenza di risposte a bisogni espressi o sommersi della popolazione che abita un determinato territorio.

La mancanza di confini definiti nella città contemporanea, l'assenza di centro e periferia, rende anche il concetto di cittadinanza sempre più fluido e sfuggente e dipendente dalle relazioni che si sviluppano all'interno della città, ovvero dalla possibilità di usufruire di servizi e di esercitare diritti (diritto alla casa, diritto agli spostamenti, diritto ad usufruire di servizi sociali e culturali).

La virtualizzazione progressiva della relazioni, iniziata già dagli anni '80, ci restituisce uno scenario dove sono gli stessi flussi comunicativi a cambiare le città e dove le categorie economiche governano gli spazi e le relazioni.

Benjamin[15] a tal proposito parla di “liberazione di uno sguardo” ovvero il venir meno dell'ordine degli sguardi nelle città contemporanee, a partire dagli anni ’80 con lo sviluppo di città multiculturali ed informatiche.

Lynch[16] a fine anni '80 individua come strumento di costruzione delle mappe urbane il vedere come la gente immagina la città. L'autore sostiene che le persone nei contesti urbani si orientano per mezzo di mappe mentali. Egli analizza tre città americane (Boston, Jersey City e Los Angeles) e guarda come le persone vi si orientano. Un concetto centrale è quello di leggibilità (anche chiamata figurabilità). Leggibilità esprime la misura in cui il paesaggio urbano può essere letto. Le persone che si muovono per la città ingaggiano un processo di individuazione del percorso. Hanno bisogno di essere in grado di riconoscere e organizzare degli elementi urbani in un modello coerente. Nel processo di individuazione del percorso, il collegamento strategico è l’immagine ambientale, l’immagine mentale generalizzata nel mondo fisico esterno che è posseduta da un individuo. Questa immagine è il prodotto sia di una sensazione immediata che il ricordo delle esperienze passate, ed è utilizzato per interpretare le informazioni e per orientare l’azione. L’illeggibilità della metropoli e l’intrico dei suoi elementi spaziali compromettono la percezione della città.

L’aumentata complessità spaziale sociale e culturale del tessuto urbano, a partire dal XX secolo, insieme alla velocità dei mezzi per attraversarlo ha sollevato parecchi problemi nuovi per la percezione.

 Lynch nota come risultino compromesse funzioni da sempre vitali per l’uomo, come l’identificazione dei luoghi, l’orientamento, la costruzione di una relazione individuo-spazio emotivamente sicura, la creazione di simboli comuni che legano il gruppo e permettono ai suoi membri di comunicare l’un l’altro.

In questa dimensione complessa, in cui ogni persona circola tra realtà differenti (contesto biografico, socio-politico, universo culturale, istituzioni, realtà quotidiana) si può generare quella che Farmer[17] definisce Violenza strutturale, ovvero la violenza come processo in cui le vittime occupano il posto più basso della scala sociale in società non egualitarie. Farmer invita ad analizzare i meccanismi sociali dell'oppressione che “sono tanto peccaminosi quanto apparentemente colpa di nessuno”.

La violenza strutturale è da lui definita come quella particolare violenza esercitata in modo indiretto, ovvero prodotta dall'organizzazione sociale stessa e dalle sue disuguaglianze e frutto di processi storici, politici ed economici. Tale violenza si esplica attraverso la limitazione della capacità di azione di soggetti che occupano la posizione più marginale in contesti segnati da profonde disuguaglianze sociali.

Anche Bauman facendo riferimento alla stratificata società dei consumi, dirà che «tutti noi siamo condannati ad una vita di scelte, ma non tutti abbiamo i mezzi per scegliere»[18].

Tale discorso è ancora più vero e drammatico se prendiamo in considerazione una delle categorie più marginali dei contesti urbani contemporanei, in particolare italiani e nello specifico del territorio di Roma che è oggetto di questa ricerca, ovvero l'immigrato.

Un’illustre studioso della condizione di sofferenza e ambiguità che caratterizza l’esperienza della migrazione “in generale” è Abdelmalek Sayad, il quale, considerato come “fondatore della scienza delle migrazioni”, ha ridefinito la condizione di ambiguità e ibridità a cui è costretto il migrante che, in quanto contemporaneamente immigrato ed emigrato, non è cittadino di pieno diritto né nella società di provenienza né in quella di approdo[19]; e così facendo ha ripreso il concetto di “erranza”  e rivisitato il fenomeno migratorio che la maggior parte delle scienze sociali è stata incapace di analizzare sotto il suo insito duplice profilo di immigrazione-emigrazione, soffermandosi solo sul primo lato della medaglia, in modo nettamente parziale ed etnocentrico. Oltre la  «questione apparentemente tecnica viene posto oggettivamente l'intero problema della legittimità dell'immigrazione, problema che tormenta tutti i discorsi di natura analoga. Non c'è pressoché alcun discorso sugli immigrati e sulla funzione dell'immigrazione, soprattutto quando è svolto esplicitamente e scientemente, come nel caso della "teoria economica dei costi e dei profitti comparati dell'immigrazione", che non consista ora nel legittimare ora nel denunciare l'illegittimità fondamentale dell'immigrazione»[20].

Bauman[21] è tra gli studiosi che hanno incentrato la propria riflessione sullo “straniero” come figura ambigua e “inclassificabile”, in quanto non compresa all’interno delle tradizionali opposizioni binarie tra amici- nemici (trasposizione a sua volta della dialettica tra interno- esterno), separazioni “asimmetriche”, dal momento in cui l’opposizione è il prodotto e la condizione del dominio narrativo degli amici e della narrativa degli amici come dominio. Lo straniero, invece, è portatore di una minaccia più pericolosa di quella del nemico, perché minaccia l’associazione stessa e, dato che l’opposizione è il fondamento su cui si basano la vita sociale e  le differenze che ne sono parte e la conservano, lo straniero mina le fondamenta della vita sociale stessa. E tutto questo perché lo straniero non è né un amico né un nemico: potrebbe essere entrambi. La sotto determinazione degli stranieri stessi è la loro potenza: poiché non sono niente essi potrebbero essere tutto. Essi mettono fine all’ordine del potere dell’opposizione. «Gli stranieri […] sono principalmente indefinibili. Sono quel “terzo elemento” che non ci dovrebbe essere. I veri ibridi, i mostri: non proprio inclassificati ma inclassificabili»[22].

Ne La società dell’incertezza Bauman associa la condizione generalizzata di incertezza che caratterizza l’assetto societario dal punto di vista strutturale, politico, economico, al carattere sempre più provvisorio che vanno assumendo le relazioni sociali e la stessa identità individuale, definita come “identità a palinsesto”[23], in quanto si configura come graduale assunzione di maschere sempre cangianti che ridefiniscono in modo fluttuante una personalità fragile e provvisoria, manifestazione più ovvia e immediata della nuova “libertà” che caratterizza la società postmoderna. Il principio di realtà su cui si fondava la società moderna viene, infatti, soppiantato dal principio del piacere e libertà, che si traduce però in un’assenza di punti di riferimento stabili su cui costruire i propri percorsi esistenziali ed identitari, e in corrispettiva nell’aumento dell’incertezza.

In questa condizione di precarietà, anonimato, solitudine del cittadino delle metropoli post-moderne, lo straniero diventa un essere trasparente, invisibile, privo di specificità particolari. Ed è proprio qui che si manifesta il suo carattere più ambivalente: se da un lato, infatti, lo straniero, al pari degli altri cittadini, recita nell’anonimato la sua parte “invisibile” di uomo alla ricerca di opportunità in cui esercitare la propria libertà, dall’altra diviene visibile e desta curiosità in quanto portatore di “differenza” e, quindi, esemplificazione di una possibilità reale di uscire dalla monotonia e di sperimentare forme di esistenza innovative e originali. Anche se, sottolinea Bauman, questa diversità è ambivalente essa stessa, in quanto sia risorsa, perché spinta al mutamento, che “condanna”, perché suscita un senso di minaccia e pericolo suscettibile di contaminare quel poco di certezza rimasta nella società, generando quindi sentimenti contrastanti di timore-curiosità, rifiuto-attrazione.

All'interno di queste dinamiche relazioni e di esercizio di potere e consenso, si sviluppa la cittadinanza.

Il nodo della rappresentanza indica il gap che si viene a creare tra cittadini/interessi rappresentati e attori/organismi rappresentanti. L'aspetto importante all'interno di queste dinamiche, infatti, non è tanto la rappresentanza, che indica un concetto generale, quanto il concetto operativo di rilevanza di un attore sociale nei processi di partecipazione democratica, ovvero la sua capacità di avere peso nel policy making.

I rapporti di forza politici vengono rispecchiati nel triangolo che si crea tra legittimazione-consenso e controllo sociale. Se da un lato, infatti, l'istituzione legittima il cittadino, in corrispondenza questi darà il suo consenso all'istituzione stessa, che esercita così un controllo sociale sulla medesima popolazione. Da questa dialettica complessa si sviluppa poi la governance.

Il meccanismo della governance che comprende al suo interno diversi livelli (istituzioni, terzo settore) cerca di rimediare al gap tra cittadini e interessi rappresentati e attori/organismi rappresentanti.

Lavorare sulla costruzione di un’ “Integrazione civica” significa avviare un processo di socializzazione alla cittadinanza attraverso la partecipazione a forme di cittadinanza attiva e quindi alla presenza nei processi di policy making al fine di tutelare diritti, curare beni comuni e rafforzare soggetti in difficoltà.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1.3       La progettazione sociale tra mappe e territorio.

 

Nell’avviarsi alle conclusioni di questa parte introduttiva si rende necessario riprendere due concetti sopra espressi per analizzare il contesto in cui si trova a lavorare chi fa progettazione sociale in un territorio urbano.

Non solo, abbiamo detto, ci troviamo di fronte a un territorio sempre più “liquido”, i cui cambiamenti si susseguono rapidamente e in maniera imprevedibile, ma, a causa di un rapporto sempre più virtuale delle persone con il proprio territorio, è inoltre aumentato oggi il rischio di cadere nella marginalità sociale, di essere esclusi dalla comunità e di perdere la possibilità di agire sulla realtà.

In questo contesto allora, fare progettazione sociale significa operare per ridurre queste marginalità e per ridistribuire il rischio di cadervi, ma significa farlo in un territorio in costante mutamento, dove spazi e relazioni sono continuamente rinegoziati e dove ad agire sono inevitabilmente relazioni di potere e gerarchie di valore.

Progettare e gestire un territorio è infatti compito delle Istituzioni e rientra nel sistema di consenso da queste messo in atto, ne è riproduzione di fatto e si inserisce in quel triangolo ricorsivo, di cui si parlava sopra, che genera forme di controllo sociale. Attraverso l’erogazione di bandi e la realizzazione di progetti le Istituzioni offrono legittimazione e ottengono il consenso di quella parte di società civile che di volta in volta risulta come destinataria delle sue attenzioni.

Progettare un territorio vuol dire agire politicamente su di esso ed inserirsi nelle dinamiche di delega e rappresentanza, consenso e legittimazione che caratterizzano le relazioni tra chi governa e chi abita una città.

Emerge, allora, la figura del progettatore sociale[24] come mediatore tra le istanze delle Istituzioni e quelle della società civile, impegnato a favorire l'incontro tra le prime e i bisogni dei cittadini, anche, o soprattutto, di quelli che, trovandosi in una condizione di marginalità tenderanno a non esprimere i propri bisogni, a lasciarli sommersi.

Presupposto della progettazione è dunque innanzitutto una conoscenza tanto del territorio e delle relazioni di forza che lo attraversano, quanto di quelle istanze che il progettatore si troverà a mediare.

 

Ma come fare a conoscere un territorio che abbiamo detto essere di per sé incerto e mutevole?

 

Una volta abbandonata, con il passaggio alla post-modernità, la pretesa di dare un significato univoco alla realtà, di considerare l’Universo come Uni –Verso [25], “l’epistemologia della certezza” ha lasciato il posto “all’epistemologia del dubbio”[26]. Ad essere messa in discussione è stata la conoscenza ontologica, ovvero la possibilità stessa di conoscere l’oggetto osservato, e l’idea conseguente che l’osservazione che si fa sia l’unica possibile.

 Il ricercatore non potrà mai conoscere il territorio allora, ma solo formularne una mappa, consapevole del fatto che la sua sarà solo una delle infinite possibili interpretazioni e rappresentazioni di quel territorio e che ogni mappa precederà sempre nel tempo il territorio, che nel momento in cui viene rappresentato è già di nuovo mutato secondo variabili casuali.

 La mappa è il territorio, sostiene Bateson[27] . Nell’indagare i processi mentali che portano alla conoscenza, l’antropologo americano sostiene che costruire mappe è l’unico strumento che il ricercatore ha a disposizione per conoscere il territorio, per farsene un’idea per approssimazione. Essendo dunque l’unico oggetto conoscibile, la mappa coincide con il territorio.

Entriamo infatti nel campo dell’epistemologia e la mappa che il ricercatore produce non comunicherà mai il territorio in sé, quanto la relazione che instaura con esso, l’esperienza che ne fa e che sola può trasformarsi in conoscenza.

Ma cosa possiamo conoscere allora di un territorio?

 

Quali sono le parti del territorio che sono riportate sulla mappa?. Sappiamo che il territorio non si trasferisce sulla mappa: questo è il punto centrale su cui siamo tutti d’accordo. Ora, se il territorio fosse uniforme, nulla verrebbe riportato sulla mappa se non i suoi confini, che sono i punti ove la sua uniformità cessa di contro a una più vasta matrice. Ciò che si trasferisce sulla mappa, di fatto, è la differenza […]. [28]

 

Il ricercatore di fatto non può che procedere per negazioni, costruendo delle euristiche, ed annotando sulla sua mappa la distanza tra ciò che non è la realtà e ciò che potrebbe essere, rintracciando informazioni a partire dagli “errori”, dalle differenze e dai mutamenti.

 

[…] la percezione opera solo sulla differenza. Ricevere informazioni vuol dire sempre e necessariamente ricevere notizie di differenza, e la percezione della differenza è sempre limitata da una soglia. Le differenze troppo lievi o presentate troppo lentamente non sono percettibili: non offrono alimento alla percezione.[29]

 

Ecco perché affidarsi ai dati quantitativo-statistici della ricerca sociologica non può essere sufficiente, ma è invece necessario servirsi di dati qualitativi che meglio riescano ad individuare ciò che si osserva (consapevoli che non è la realtà) e a fornirci informazioni sull’orientamento delle azioni e sulle tendenze della realtà.

Alla base di una buona mappatura ci sarà dunque quella che Clifford Geertz definisce “descrizione densa” (thick description), una descrizione che procede per formulazioni teoriche orientate sul punto di vista degli attori, sul contesto dell’azione e non solo attenta ad una registrazione tassonomica di quell’azione (descrizione esigua)[30]. Una descrizione, dunque, capace di cogliere e poi rendere “[…] la differenza tra un tic ed un ammiccamento, che per quanto non fotografabile, è grande, come sa chiunque sia abbastanza sfortunato da aver scambiato l’uno per l’altro.”. [31]

In questo modo il ricercatore, attraverso un’indagine etnografica, potrà costruire degli indicatori cultorologici (attraverso l’uso di dati secondari- statistici e di dati qualitativi) in grado di rilevare la dinamica delle azioni, il loro orientamento e trend di mutamento, che sarà poi punto di partenza, ma anche di arrivo dell’attività di progettazione. Le fasi della ricerca sono infatti immanenti e si susseguono  in un processo ricorsivo che fa della ricerca/progettazione un percorso continuo di apprendimento.[32]

 

Entriamo allora nell’ulteriore questione che si trova ad affrontare chi fa progettazione sociale: ogni epistemologia è sempre personale, per tornare a Bateson, e la ricerca/progettazione non può prescindere dalla presenza di una gerarchia di valori che rende impossibile la neutralità ed inevitabile il pregiudizio.

Dunque non è insito solamente il rischio che la gestione del territorio sia in mano alle scelte di chi governa una città, ma anche che il processo conoscitivo, di per sé partecipativo, veicoli la visione soggettiva della realtà del ricercatore/progettatore, che renda egemone la mappatura proposta.

Fare progettazione ha sempre una valenza etica, nel senso che ha sempre a che fare, come presupposto e come obiettivo, con la distribuzione dei valori in una società. Fare progettazione sociale, poi, come già accennato, ha l’ulteriore compito di ridistribuire questi valori affinché si riduca il rischio di esclusione e di marginalità in quella società, affinché l’accesso alle risorse di un territorio e ai diritti sia equamente distribuito e le persone riacquistino la capacità di agire sul contesto in cui vivono.

Negli ultimi anni la progettazione partecipata viene generalmente considerata la via da seguire per scongiungere i rischi di costruire mappe egemoni, il modo in cui generare percorsi di democrazia “dal basso” e riattivare sentimenti di appartenenza a una comunità e a un territorio. La legge 328/00, e prima la legge 285/97, sono i principali strumenti normativi ideati proprio per capovolgere le dinamiche di Governance in funzione di una sussidiarietà orizzontale, capace di delegare la gestione del territorio attraverso la compartecipazione di più soggetti.

In particolare, si è cominciato ad usare tecniche di progettazione partecipata in relazione alla progettazione sociale (ad es. con la costruzione dei Piani di Zona), dove il coinvolgimento dei cittadini/utenti diventa innanzitutto valorizzazione del loro ruolo di attori di cambiamento e promotori di sviluppo di comunità.

In tal senso la progettazione partecipata diventa processo educativo, in cui tutti gli attori prendono, e sono parte, di un mutamento reciproco; suppone e genera un approccio interculturale, infatti, capace di cogliere la dinamicità del contesto e delle relazioni, di coltivare una prospettiva critica e dialogica, mettendola in pratica nella trasformazione della realtà. Ecco allora che la conoscenza diventa azione e torna ancora conoscenza in un continuum ricorsivo proprio di ogni processo di apprendimento.

Nella pratica e nelle realtà territoriali, però, la funzionalità di questo strumento si scontra con notevoli difficoltà e paradossi, di cui prima, in relazione al Tavolo Immigrazione, si è dato qualche accenno e che la presente ricerca si propone di indagare.

Attorno a un tavolo di progettazione si siederanno infatti persone e realtà portatrici di interessi specifici, più o meno forti: la pubblica amministrazione e le Istituzioni, la grande o piccola Associazione, il singolo cittadino, ed il rischio che l’effettiva partecipazione di tutti sia compromessa, sminuita o, ancor peggio, strumentalizzata è reale.

Fare progettazione partecipata significa fare un lavoro molto complesso di contrattazione e il progettatore, nel ruolo di mediatore ed animatore, non dovrà solamente suscitare la condivisione di informazioni, esigenze e percezioni tra gli attori interessati e coinvolti, ma condividere innanzitutto con loro la mappa, la visione del territorio e dei bisogni di chi lo abita.

CAPITOLO  2: UNA REALTA’ REGGIANA

 

Reggio Emilia è un Comune di medie dimensioni, capoluogo dell’omonima Provincia, localizzata nella Regione Emilia Romagna, nell’Italia del nord. La Carta Costituzionale italiana, accanto all’affermazione del principio dell’unicità ed indivisibilità dello Stato, riconosce autonomia amministrativa e normativa al sistema degli enti territoriali che, come identificato all’art 117, si compone di Comuni, Province e Regioni.

Il Comune di Reggio Emilia, in linea con il principio del decentramento territoriale dell’amministrazione, ha costituito 5 Circoscrizioni Cittadine (Città Storica, Nord Est, Sud,Ovest e Nord). Le Circoscrizioni, coordinate dall’ente, promuovono e sviluppano il confronto, la collaborazione ed il rapporto con i cittadini, con le frazioni, i quartieri, con gli organismi di gestione sociale, con enti e associazioni culturali, ricreative, sportive, con altre realtà sociali a carattere aggregativo presenti sul territorio e con i gruppi di volontariato. Il Comune di Reggio Emilia, a partire dal 2002, ha scelto di avvicinare i Servizi Sociali ai cittadini per condividere e costruire insieme delle soluzioni possibili a partire dai luoghi di vita istituendo 5 Poli Territoriali di Servizio Sociale  Poli nascono con l’intento di offrire un luogo in cui le famiglie e le persone di ogni età che abitano nel Polo possono trovare ascolto, orientamento, accompagnamento e servizi nei momenti di difficoltà ed è un luogo per i cittadini tutti (singolarmente presi o come aggregazione di risorse, rappresentativi di professioni e saperi del territorio) attraverso il quale prendere parte e/o collaborare a iniziative e progetti sul territorio, un luogo per incontrare, sostenere ed aiutare altre persone del Polo.
Presso ciascun Polo è presente uno Sportello Sociale incaricato dell’accoglienza di tutti i cittadini, indipendentemente dall’età e dalle problematiche presentate. Tra il cittadino e l’operatore dello Sportello Sociale avviene uno scambio di informazioni, che ha come scopo definire ed iniziare a comprendere il problema. Se necessario, segue un momento di interscambio più approfondito, attraverso uno o più colloqui, con un operatore dell’équipe del Polo (solitamente un assistente sociale), per la messa a punto/condivisione con il cittadino di un percorso/progetto.

I Poli sono stati progettati per avvicinare i Servizi ai cittadini, per cittadini intendiamo tutta quella categoria di persone che realmente vivono sul territorio  a prescindere da un certificato anagrafico.

I Poli sono stati costruiti per contribuire a costruire comunità sul territorio, inteso come luogo della partecipazione,del diritto di cittadinanza e della responsabilità diffusa.

I Poli offrono alle famiglie e alle persone di ogni età un luogo dove trovare ascolto, orientamento, sostegno e accompagnamento nei momenti di difficoltà.

I Poli sono un luogo per tutti i cittadini, singoli o associati, attraverso cui prendere parte e/o collaborare ad iniziative e progetti del territorio e per incontrare, sostenere ed aiutare altre persone.

I servizi vengono garantiti con equità di trattamento e valutazione nei confronti di tutti i cittadini, senza distinzione di razza, etnia, sesso, lingua, religione e opinioni politiche, condizione sociale o grado di istruzione.

L’organizzazione dei servizi è ispirata a criteri di efficacia ed efficienza, ricercando le soluzioni organizzative, procedurali e tecnologiche più idonee.

Viene garantito ai cittadini di conoscere le modalità di organizzazione e funzionamento  dei servizi. Una comunicazione chiara e diffusa assicura a tutti la possibilità di accesso ai servizi

 

 

2.1 I POLI E LA LORO ARTICOLAZIONE SUL TERRITORIO

I Poli sono cinque e in ognuno è presente lo Sportello Sociale dove è possibile effettuare il primo colloquio, quello di accoglienza.

La legge 328/00[33] svolge un’importante funzione nel riconoscere piena legittimità ai diritti sociali come diritti di cittadinanza; nel promuovere l’azione sociale a sistema integrato; nel prefigurare la costruzione di una rete di sicurezza e di protezione per cittadini e famiglie che si trovano in condizione di fragilità; nell’attribuire ruoli importanti a soggetti diversi, all’interno di una logica di forte integrazione e collaborazione. Ogni regione ha attuato le linee guida della suddetta legge attraverso una Legge Regionale, infatti:

Lo Sportello sociale è stato istituito con la legge 2/06 (ART.7)

“L'accesso al sistema locale è garantito da sportelli sociali attivati dai Comuni, singoli o associati ai sensi dell'articolo 16, in raccordo con le Aziende unità sanitarie locali, anche avvalendosi dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 2. Gli sportelli sociali forniscono informazioni ed orientamento ai cittadini sui diritti e le opportunità sociali, sui servizi e gli interventi del sistema locale, nel rispetto dei principi di semplificazione. I Comuni organizzano l'attività degli sportelli sociali con modalità adeguate a favorire il contatto anche di chi, per difficoltà personali e sociali, non vi si rivolge direttamente. Agli operatori degli sportelli sociali è garantita una uniforme ed adeguata formazione. Per bisogni complessi, che richiedono l'intervento di diversi servizi o soggetti, i competenti servizi attivano gli strumenti tecnici per la valutazione multidimensionale e per la predisposizione del programma assistenziale individualizzato, compresi il progetto individuale per le persone disabili ed il progetto educativo individuale per i minori in difficoltà. Al fine di garantire l'attuazione e l'efficacia degli interventi previsti dai programmi assistenziali individualizzati è indicato il responsabile del caso.La Giunta regionale definisce con proprio atto l'organizzazione degli sportelli sociali, gli strumenti tecnici di valutazione e controllo dei programmi assistenziali e le modalità di individuazione del responsabile del caso.”

I Poli[34] fanno riferimento alle quattro Circoscrizioni in cui è articolato il territorio comunale:Polo Est, Polo Ovest, Polo Nord,Polo Sud, Polo Città Storica

 

POLO CITTÀ STORICA: Duomo, San Prospero, San Nicolò, Giardini Pubblici, Santo Stefano-Gardenia, Tondo (a sud della ferrovia Reggio-Ciano), San Zenone, Gattaglio, P.ta Castello, Buon Pastore, Piazza Fontanesi, Strada Alta, San Pietro, Porta Santa Croce

 

POLO NORD: Sesso, S. Prospero Strinati, Tondo (a nord della ferr. Reggio-Ciano), Mancasale, S.ta Croce, Tribunale, Pratofontana, Massenzatico, Gavassa

POLO EST: Mirabello, Ospizio, Vill.Stranieri-Bazzarola, S. Maurizio, Gavasseto, Sabbione, Marmirolo, Roncadella, Masone, Castellazzo, Bagno, Corticella

POLO SUD: Crocetta, Migliolungo, Belvedere, Baragalla, Coviolo, Rivalta, Canali, Fogliano, Buco del Signore, San Pellegrino, Rosta Nuova, Pappagnocca

 

POLO OVEST: Gaida, Cadè, Cella, Roncocesi, Cavazzoli, Pieve Modolena, Carrozzone, Orologio, Regina Pacis, Bell'Albero-Premuda, Roncina, Codemondo, San Bartolomeo

 

 

% IMMIGRATI SULLA POPOLAZIONE NEI POLI

 

 

 

 

CITTA STORICA: 24,6%

POLO OVEST: 13,2%

POLO NORD: 18,3%

POLO EST: 17,5%

 

 

2.2 LE ATTIVITÀ OFFERTE DAI POLI

 Accoglienza: Sportello Sociale

Le persone e le famiglie che: intendono chiedere un sostegno per difficoltà legate a criticità della vita quotidiana; desiderano offrire una disponibilità in attività di volontariato, possono rivolgersi allo Sportello Sociale del Polo in cui risiedono.Lo Sportello Sociale[35] rappresenta “la porta” di accesso ai servizi ed alle opportunità offerte dal Polo.

È presso lo Sportello Sociale che le persone e le famiglie possono effettuare il primo colloquio, quello di accoglienza, in cui, con l’aiuto di un operatore, evidenziano quali sono le difficoltà che stanno vivendo. Al termini del colloquio possono:

·        essere orientate verso altre realtà del territorio (altri servizi del Comune stesso, altri enti istituzionali, come l’Azienda USL, associazioni di volontariato, centri d’ascolto, parrocchie, centri sociali, etc.)

·        oppure;essere informate che la loro situazione necessita di un ulteriore approfondimento con altri operatori del Polo: saranno contattate dall’operatore dello Sportello Sociale che comunicherà il giorno e l’orario del primo colloquio con l’assistente sociale e quindi l’inizio di un percorso di sostegno ed accompagnamento oppure saranno contattate dall’operatore dello Sportello Sociale che indicherà presso quale altra realtà del territorio rivolgersi.

 

 

 

 

 

2.3 SOSTEGNO ED ACCOMPAGNAMENTO

Si tratta dell’attività svolta dagli assistenti sociali dei Poli allo scopo di sostenere le persone e le famiglie in un progetto ed in un percorso di vita che tende all’autonomia e al benessere. Viene offerto un sostegno:

alle famiglie che sono in difficoltà nell’affrontare il proprio compito di cura, tutela ed educazione dei figli;

• a quelle che hanno al proprio interno una persona non autosufficiente;

• a famiglie e persone con difficoltà economiche e di inserimento sociale.

Le famiglie e le persone, attraverso i colloqui con l’assistente sociale, definiscono quale sia il problema e concordano un progetto di sostegno ed accompagnamento che può anche prevedere l’utilizzo di uno o più servizi presenti sul territorio e a disposizione della comunità. Il progetto sarà successivamente aggiornato anche sulla base di eventuali mutamenti intervenuti nelle condizioni della famiglia

 

 

 

 

 

 

 

 

2.4       PROGETTAZIONE PARTECIPATA CON IL TERRITORIO

Consiste nella conoscenza del territorio di riferimento, nel capire chi sono le famiglie e le persone che lo abitano, quali abitudini hanno, con che modalità si incontrano, come utilizzano i luoghi e gli spazi del quartiere in cui risiedono.

Questa attenzione al territorio offre agli operatori dei Poli la possibilità di costruire, insieme ai cittadini e ai gruppi che lo abitano, piccole – grandi iniziative che possano valorizzare le risorse che ogni zona della città ha e che hanno bisogno di emergere, incontrasi e svilupparsi.

E’, quindi, una delle specificità del lavoro del Polo promuovere e/o partecipare a incontri per interventi di auto-aiuto, di solidarietà e che hanno come protagonisti residenti singoli o in gruppo che abitano in una precisa area della città.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 3: LE RISORSE PRESENTI SUL TERRITORIO

L’idea di sviluppare una ricerca mappando il territorio Reggiano nasce da una riflessione che si è sviluppata durante il lavoro di ricerca per il tirocinio del master a cui ho partecipato.

Il progetto di tesi prevede, quindi, un’analisi approfondita delle varie dinamiche interne al territorio con particolare riferimento ai flussi immigratori ed a i vari servizi attivi.

Come già anticipato la Provincia di Reggio Emilia esercita funzioni di progettazione, di coordinamento e di promozione di attività indirizzate a qualificare e consolidare le politiche territoriali rivolte agli immigrati stranieri attraverso un forte investimento “culturale” su una progettazione integrata tra competenze e soggetti diversi, pubblici e privati.

In particolare sono state elaborata diverse politiche per incoraggiare un approccio positivo alla diversità a cui si affianca l’iniziativa di corsi di italiano per le madri straniere i cui bambini frequentano le scuole elementari, in modo che possano comunicare più facilmente con il corpo docente. La città ha inoltre introdotto dei mediatori culturali nei sei ospedali cittadini e ha lanciato un progetto per migliorare le relazioni linguistiche e culturali tra i cittadini stranieri e il personale medico.

Sono diversi gli interventi strutturati nei confronti degli stranieri, infatti le associazioni che collaborano e interagiscono con le varie realtà sono molteplici:

Prometeo - Centro di Servizi Educazione Permanente: Affianca e sostiene le scuole e gli Enti locali nella progettazione e nella realizzazione di interventi per l'integrazione e l'alfabetizzazione degli adulti e bambini stranieri.
A Prometeo si trovano materiali tradotti nelle diverse lingue  per favorire la comunicazione scuola – famiglia o per attivare corsi di alfabetizzazione o ancora per fornire informazioni sui servizi presenti nel territorio provinciale e per documentare esperienze.

 

Centro Interculturale Mondinsieme: E' uno spazio aperto a tutti i cittadini reggiani, da qualsiasi Paese provengano, per incontrarsi, riunirsi, dialogare. E' un punto di incontro in cui le diverse culture presenti in città si conoscono e si confrontano, valorizzando le ricchezze di ciascuna.  E' un luogo per "capirne di più" su leggi, servizi, opportunità del territorio.  Si fanno circolare informazioni e notizie su quanto riguarda gli stranieri e la loro integrazione, a Reggio, in Italia, nel mondo. Si offre alle associazioni di immigrati uno spazio dove incontrarsi e organizzare incontri.

 

Centro informazione immigrati: Offre un servizio di informazione diretta all’utenza immigrata, in particolare si occupa di progettazione d’interventi che mirano a favorire il processo d’inserimento sociale degli immigrati, migliorare la conoscenza e la fruizione delle opportunità loro offerte dal territorio, incentivare lo scambio fra le tante e ricche culture presenti nella città. Il centro offre informazioni su:

  • legislazione vigente in materia di immigrazione e sulle pratiche amministrative conseguenti
  • informazioni sulle disponibilità delle strutture di accoglienza
  • informazioni sui percorsi che possono facilitare la ricerca del lavoro e della casa
  • informazioni sui servizi e gli interventi pubblici, del privato sociale e del volontariato, presenti sul territorio.

 

Il Centro lavoratori Stranieri è un importante punto di riferimento per tutti i lavoratori stranieri che soggiornano nella nostra provincia per il disbrigo di pratiche inerenti alla loro situazione, ricevere consulenza e risposte ai tanti svariati problemi quotidiani che nel nostro paese devono affrontare. La funzione del Centro Immigrati è di garantire e tutelare il rispetto del diritto di cittadinanza, aiutare l'immigrato nella conoscenza e nel funzionamento delle istituzioni, delle leggi, dei contratti di lavoro. Lo scopo è di agevolare il percorso per un pieno e attivo nonché partecipato coinvolgimento alle scelte della nostra società.

Servizi offerti:

  • Informazione sui diritti nel lavoro: spiegazione e applicazione delle norme contenute nei contratti di lavoro;
  • Permesso di soggiorno: informazioni sulla documentazione necessaria e l'assistenza per la compilazione della pratica;
  • Carta di soggiorno: informazione sui requisiti e certificazione richiesta per la compilazione della domanda;
  • Ricongiungimenti familiari: tutela del diritto all'unità del nucleo familiare;
  • Richiesta di cittadinanza: compilazione su prenotazione e consegna della domanda in Prefettura;
  • Inviti per turismo: predisposizione dei documenti occorrenti da spedire alla persona oggetto dell'invito;
  • Traduzione di testi: traduzione giurata in Tribunale di documenti, certificati, attestati, da Cinese - Inglese - Francese - Arabo - Spagnolo - Urdu - Punjabi;
  • Assistenza Legale: in relazione ai diversi casi che abbisognano dell'assistenza di un legale;
  • Mediazione con la Questura: nei casi di problematiche complesse, relative al rilascio del permesso di soggiorno, con l'accompagnamento in Questura dell'interessato per la spiegazione e la soluzione del caso;
  • Consulenza varia di filtro e di indirizzo per le Categorie Sindacali, per il Patronato INCA, per i Servizi Fiscali CAAF-CGIL, per il SUNIA (Sindacato inquilini) o altro;
  • Informazioni sulle Leggi che disciplinano il soggiorno in Italia;
  • Informazioni su servizi scolastici, socio-sanitari, casa, notizie sui paesi d'origine
  • Inoltre il Centro predispone corsi di formazione per i lavoratori e i delegati sulle materie dei contratti di lavoro e della democrazia nei luoghi di lavoro.

Il Servizio Immigrati A.N.O.L.F.-C.I.S.L. ha inoltre promosso un SERVIZIO ASILO POLITICO, rivolto in modo specifico ai richiedenti asilo e ai rifugiati presenti nella nostra Provincia: assistenza giuridica e amministrativa  e orientamento in favore dei richiedenti asilo e dei rifugiati in merito alle probletiche relative all’ asilo politico,

·         accompagnamento dei richiedenti asilo e dei rifugiati presso gli sportelli della questura,

·         attivita’ di informazione in merito ai diritti civili e sociali del richiedente asilo e del rifugiato e di facilitazione dell’ accesso ai servizi,

·         attivita’ di ricerca, documentazione e promozione della conoscenza e della consapevolezza della realtà dei paesi d’origine dei richiedenti asilo e dei rifugiati presenti nella nostra provincia e nel nostro paese.

In fine il Servizio Immigrati A.N.O.L.F. promuove, all’ interno della C.I.S.L., un servizio rivolto in modo specifico alle donne dell’ est europeo impiegate nel lavoro domestico, attraverso l’organizzazione di alcuni incontri sui temi più sentiti da questa utenza ( problemi previdenziali, fiscali, di regolarità del soggiorno e legate alle difficoltà insite nella loro condizione di donne straniere in Italia ). Sivuole con ciò creare un luogo di incontro, di ascolto, di informazione ed orientamento ai diversi servizi presenti sul territorio, in favore di una delle componenti principali dell’ immigrazione in Italia e che sta modificando radicalmente molti assetti e rapporti sociali all’interno delle famiglie italiane.

In questo senso si segnala in particolare l’attiva partecipazione al progetto promosso dalla provincia di Reggio Emilia (in accordo con quella di Modena e con il comune di Forlì) detto MADREPERLA. In particolare si è fornito un contributo essenziale nell’azione 6 di tale progetto, quella volta al monitoraggio e al raccordo delle strutture non istituzionali presenti sul territorio reggiano e che offrono assistenza a queste donne, in collaborazione con Acli, Ceis e Caritas.

 

3.1  LA CARITAS REGGIANA

 I dati sulle povertà relativi all'anno 2012 raccolti dal Centro di Ascolto delle povertà della Caritas di Reggio Emilia sono indicativi di un flusso che aumenta giorno per giorno.

Nel corso del 2012 il Centro di Ascolto diocesano ha incontrato 1.516 persone  registrando un aumento rispetto all’anno precedente di oltre sette punti percentuali. Si tratta di un dato in controtendenza rispetto a quanto osservato nei due anni precedenti anche se in valore assoluto rimane inferiore al dato del 2010, la cui diminuzione considerevole poteva essere in parte spiegata dalla diffusione e presenza ormai capillare di Centri di Ascolto periferici.

L’aumento è quindi ancora più interessante se si considera che anche nel 2012 sono sorti nuovi Centri di Ascolto sul territorio diocesano e che ad oggi se ne contano 48 di diversa configurazione e dimensione. Se poi al numero delle persone incontrate si sommano i famigliari, così come altri soggetti diversamente legati alla persona bisognosa, possiamo ipotizzare che il fenomeno della povertà incontrata presso il Centro di Ascolto riguarda all’incirca 3.000 individui.

L’analisi nel dettaglio delle singole variabili ci permetterà di comprendere meglio le ragioni di questo aumento, ma vi è un dato che fin da subito ci porta a fare alcuni ragionamenti. Per il primo anno da quando viene stilato questo rapporto statistico il numero di coloro che sono già conosciuti dal Centro di Ascolto è superiore rispetto alle persone nuove incontrate nel corso del 2012.

Un dato che evidenzia fin da subito come la povertà sia sempre più un fenomeno estremamente complesso, oggi più che mai, e che cercando soluzione alle problematiche ad esso connesse, raramente si riesce a dare risposte definitive nel breve periodo.

La presenza straniera ha toccato il suo massimo nel 2006 segnando un 85,1%, a cui è seguito un andamento fluttuante di anno in anno. Questo fino al 2012, dove per il secondo anno consecutivo la percentuale degli italiani è aumentata a discapito di quella degli stranieri.

Infatti, se è pur vero che il dato numerico degli stranieri aumenta rispetto al 2011 di 49 unità, gli italiani, che rappresentano solamente il 19,1% del totale generale, nel 2012 segnano anch’essi un incremento simile rispetto ai primi, ottenendo una crescita del 20% in un solo anno. Si tratta di un dato importante che, unito al fatto che spesso al Centro di Ascolto diocesano si presentano prevalentemente persone che sono di passaggio e non quelle stanziali sul territorio che invece accedono preferibilmente ai Centri di Ascolto periferici, mette in luce come a Reggio Emilia la povertà al momento stia colpendo con maggiore intensità le persone italiane rispetto alle altre nazionalità.

Questo può trovare risposta nel fatto che gli italiani, a distanza di qualche anno dall’esplodere della crisi nella sua fase più acuta del 2009, hanno prima fatto ricorso ai propri risparmi, come cuscinetto, ma che ora anche questi sono terminati, per cui il ricorso ad altri servizi di sostengo diventa necessario. Delle 1.201 persone straniere incontrate il numero di coloro che sono privi del permesso di soggiorno è oltre un terzo, (422 persone pari al 35,2%), in aumento di alcune decine di unità rispetto al 2011.

Rimangono stabili le altre condizioni, eccezion fatta per le carte di soggiorno che segnano un aumento delle stesse del 52,6% (passano infatti da 53 ad 83 unità).

Si tratta di un fenomeno da tenere dovutamente in considerazione che, in contro-tendenza con quanto registrato negli anni precedenti, porta ad ipotizzare come anche fra coloro che avevano avuto un percorso migratorio stabile e continuativo che aveva portato ad un certo livello di autonomia, ora le risorse scarseggiano, e il ricorso a servizi come la Caritas diventa inevitabile. Fra le persone straniere incontrate, regolarmente residenti sul territorio, abbiamo analizzato il motivo per cui gli è stato rilasciato il permesso di soggiorno.

Nella stragrande maggioranza dei casi (198 persone pari al 72,8%), esso è ricollegato ad un lavoro subordinato, che se non è presente oggi, era comunque presente all’atto di richiesta di rinnovo dello stesso. Seguono poi i motivi famigliari che riguardano poco meno del 10%, in calo di alcuni punti percentuali rispetto all’anno precedente, segno che i ricongiungimenti famigliari in un momento di forte contrazione economica e occupazionale sono fortemente in calo.

Di poco inferiori presi singolarmente i permessi di soggiorno rilasciati per motivi umanitari e di richiesta asilo politico, che però complessivamente rappresentano il 14,7%. Si risente in questo ancora degli effetti legati al processo di emergenza profughi dal Nord-Africa, che ha visto lo stanziarsi sul territorio di una presenza massiccia e costante di persone con problematiche migratorie legate al paese di provenienza.

Ritornando ai due gruppi, tralasciando i valori assoluti, osserviamo delle similitudini fra gli stessi. Da un lato infatti l’area dell’Europa dell’Est vede un calo di nazionalità importanti come l’Ucraina (-7,3%), la Moldavia (-43,6%) e la Georgia (-12,0%).

Al contrario dall’altro a salire sono il Marocco (+22,5%), la Tunisia (+15,7%) e il Ghana (+9,8%). Il dato della nazionalità è un indicatore molto importante per comprendere meglio quale valenza identitaria riveste il Centro di Ascolto e di conseguenza quali interventi realizzare.

Ci troviamo di fronte non solo a stili di vita differenti, ma anche a comportamenti che vengono messi in atto nei confronti dei servizi forniti, di natura completamente diversa. Rispetto al 2011, quest’anno è stato possibile analizzare per alcuni individui anche il tempo di permanenza in Italia ?delle persone straniere al momento del primo accesso al Centro di Ascolto. Il grafico permette di comprendere che in realtà, escluso l’anno analizzato ed il precedente, vi è comunque un numero considerevole di persone che pur essendo in Italia da diverso tempo ancora si trovano nella necessità di chiedere aiuto al centro d’ascolto diocesano. Un dato che evidenzia una fragilità più o meno latente connessa al fenomeno migratorio, che si fa più acuta nei momenti di particolare crisi economica.

Il centro d’ascolto diocesano caritas è presente in tutte le province. Il primo obiettivo di ogni singolo CDA è promuovere i vari centri parrocchiali, che sono ancora più vicini ai cittadini e possono rispondere in modo più strutturato alle singole  esigenze.

A Reggio Emilia ci sono circa 40 C.D.A. parrocchiali che come obiettivo principale si propongono di rispettare la territorialità ( a seconda della zona in cui un soggetto vive c’è un determinato CDA). Per la questione relativa ai non regolari, viene garantito l’ascolto e la relazione, inoltre i beni primari quali: mangiare, vestirsi, accoglienza ( posto letto), aspetti medio-sanitari ( cura di sé), non sono previsti interventi quali: orientamento e avviamento al lavoro (discorso di legalità e di etica morale).

Tornando al discorso dei beni primari va precisato che a Reggio sono presenti tre mense dislocate su territorio che offrono 2 volte al giorno cibo per chi si presenta ( tesseramento), inoltre ci sono 3 servizi doccia e in convenzione con AUSL esiste un ambulatorio che garantisce le cure primarie.

I progetti sostenuti dalla Caritas Reggiana sono molteplici:

·                    DORMITORIO

·                    PROGETTO “NUOVAMENTE” (reinserimento persone in difficoltà attraverso mercatini di abiti ecc.)

·                    AMBULATORIO

·                    PROGETTO “PROGETTO MARIA DI MAGDALA” (acc. al femm.)

·                    ATTIVITA’ LEGATA AI VESTITI IN AMBITO CACERARIO

·                    PROGETTO “VITA COMUNITARIA” (gestito da giovani volontari)

·                    PROGETTO “SERIZIO CIVILE”

·                    PROGETTO “GRANELLO DI SENAPA” (formazione all’interno di scuole e gruppi parrocchiali)

3.2 IL  CENTRO IMMIGRATI DI REGGIO EMILIA (CI)

Dal colloquio effettuati con i referente del Progetto (DOTT. NASCIUTI e DOTT.SSA PATERNI) sono emersi dati significativi. Si riportano in modo strutturato i vari accessi che si sono susseguiti in questi ultimi due anni.

ANNO 2012

-   numero persone 1257 (di cui maschi 582 e femmine 675 e 508 nuovi accessi)

-   nazionalità principali (marocco 148, italia 129, nigeria 125, ucraina 110, albania 94, ghana 77, moldavia 71 etc..)

-   numero colloqui 2269

-   bisogni espressi (lavoro 82, strutture residenziali 46, legislazione 1489, servizi territorio 312)

GENNAIO - GIUGNO 2013

-   numero persone 792 (di cui 378 maschi, 400 femmine e 14 servizi e 214 nuovi accessi)

-   numero colloqui 943

-   bisogni espressi (lavoro 57, abitazione 4, strutture residenziali 13, legislazione 876, servizi del territorio 123).

 

 

 

 

 

3.3 CENTRO SALUTE FAMIGLIE STRANIERE

 

Dal colloquio avuto con il referente del centro (Dott. Fornaciari) sono emersi dati significativi:

Il primo grafico[36] riporta  dati di accessi ed utenti,   del solo ambulatorio di viale monte san Michele ( serie 1998-2012). Possiamo valutare un  calo dei nuovi utenti  rispetto al 2011 (  che però erano aumentati per l’arrivo dei  profughi dalla Libia) e una stabilità nei confronti dei 2 anni precedenti ( 2009-2010)  . Per  gli utenti  già noti dagli anni precedenti (vecchi utenti )  si può osservare  un numero costante ( fra 1300 e 1500 )  ma  con  percezione di aumento complessità  assistenziale  e di gestione casi ( le ultime sanatorie hanno regolarizzato  molte persone ma altre stanno  “uscendo “ dalla regolarità  e dall’assistenza sanitaria  o per “ irreperibile all’anagrafe” dopo il censimento 2011, o , causa crisi ,  per non vedere  rinnovato il permesso di soggiorno )

 

 

 

 

 

 

2012

 

 

2011

 

 

UTENTI TOTALI

2761

 

UTENTI TOTALI

2842

 

NUOVI

1314

534 m+780 f

NUOVI

1519

m703+f 816

VECCHI

1447

544 m+903 f

VECCHI

1323

m 529 + f 794

ACCESSI TOTALI

9073

 

ACCESSI TOTALI

9302

 

Dettaglio comparazione attività degli ultimi 2 anni

 

 

Il grafico seguente  rappresenta per gli anni 2006- 2012 (dati  informatizzati ) il numero di visite totali  e suddivise  per  le  2 sedi  ambulatoriali ( Ausl e Caritas ) ed utenti:

ü    per nuovo utente si intende la persona che entra per la prima volta nell’anno in ambulatorio 

ü    per vecchio utente si intende la persona già nota che torna in quell’anno

ü    per visite ripetute si intendono le visite ripetute ( tolta la prima visita che viene conteggiata per 1 volta come utente)

 

 

 

Il grafico seguente rappresenta il numero di visite totali per  anno,  per i 2 specifici ambulatori ( via Adua e viale monte san Michele )

 

 

 

 

 

I due grafici seguenti  rappresentano le diagnosi  ( ICD9) ; il primo valuta le diagnosi riferite alle attività di viale monte san michele , quello successivo  per sede via adua .

 

 

Il grafico seguente  ci illustra  la presenza delle varie etnie  e genere presenti  nei macro  periodi –anni  (  3 anni per periodo )

 

 

 

 

 

Volontari :

Nel 2012 si è registrato un notevole aumento di operatori  sanitari in  volontariato ;  dalle quasi 300 presenze  per il 2010 siamo passati  alle  oltre 450  presenze del corrente anno  ( 474  presenze per una media di 3  ore e 30  die = 1628 ore annue ) .

Questo aumento di  volontari pone il problema  sia di migliorare  e rendere chiari i percorsi interni  ( procedure e  disposizioni)  che  di  garantire una  continuità con le  direttive  aziendali  ( migliorare la comunicazione e passaggio informazioni ) , formazione  del personale

 

Attività pediatrica

lieve calo di utenti .( in particolare in  età 3-13 anni) 

ottima collaborazione con enti di accoglienza per minori non accompagnati ed altre comunità

 

Area  ostetricia e ginecologia : 

ü    aumento numero prelievi  per EVA LUNA

ü    stabilità di accessi ed utenti ( lieve calo dovuta a minori gravidanze )

 

ü    miglior continuità assistenziale e di percorsi ( presenza operatori, organizzazione lavoro e raccordo con salute Donna )

ü    maggior raccordi con  enti – associazioni per  accompagnamenti e  cure

 

GRAVIDANZE prese in carico nell’anno 2012 : 145  ( 172 nel 2011, 142 nel 2010 )

                                                                                                       

 

 

 

Sanità pubblica :

 

Numero persone con scabbia : 14

Numero di casi di TBC polmonare  individuati : 3

Numero persone in trattamento per sifilide : 4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITOLO 4: DUE REALTA’ A CONFRONTO, UAN RICERCA COMPARATIVA

 

A fronte di una legislazione nazionale che fissa alcuni elementi generali sull’integrazione sociale degli stranieri (l. 40/1998 e l.189/2002), ogni contesto regionale, ma anche comunale o distrettuale, ha elaborato proprie forme ed interventi di governance della questione migratori.

Lo scopo del presente lavoro è duplice: da una parte, descrivere le politiche locali per gli immigrati dei Comuni e dall’altra, cercare di portare alla luce i fattori “macro” e “micro” che in questo specifico contesto possono generare approcci differenziati.

La ricerca si basa su uno studio in profondità di due casi, corrispondenti al Comune di Reggio Emilia e al XIII Municipio di Roma.

La scelta dei casi di studio nasce da un disegno di ricerca che punta ad analizzare esperienze diverse dal punto di vista della dimensione del Comune, della modalità di gestione delle politiche sociali e del numero di immigrati residenti.

Si è dunque scelto un Comune capoluogo (Reggio-Emilia), con uno dei tassi migratori più alti di tutta la Regione dell’Emilia Romagna e il terzo Municipio Romano per estensione il più ampio (dopo il XX e il XII)

 

La ricerca si fonda su metodologie qualitative e induttive, basate su una descrizione densa delle policies per l’integrazione degli immigrati nei due casi. L’ottica in cui ci poniamo è dichiaratamente comparativa: la descrizione di ognuno dei casi si avvale proprio del confronto tra loro per riconoscere e far emergere le caratteristiche e le peculiarità delle politiche.

Per ricerca comparativa[37], già presente in Weber, intendiamo l'analisi parallela di fenomeni culturali propri di ambiti sociali differenti (rituali religiosi, sistemi economici, atteggiamenti legati a ruoli particolari ecc.), in modo da coglierne i fattori che costituiscono la causa delle differenze nella struttura e nella tendenza degli avvenimenti.

In questa tesi sono stati analizzati i dati attraverso un analisi quantitativa, quest’analisi ha permesso di lavorare sulle variabili che hanno creano quantitativamente differenze tra le due realtà.

Da un lato troviamo Reggio Emilia[38], stereotipo di un modello che funziona, della convivenza civile e del senso civico, città con un’opinione pubblica vivace e un’informazione locale pluralista che vanta gli asili pubblici più belli e copiati del mondo,custode della memoria antifascista. Dall’altra una grande metropoli, con un numero di abitanti esorbitante, con una realtà tanto bella quanto complessa, con un patrimonio che fa invia a tutto il mondo, piena di  arte e cultura.

Entrambe, però, affrontano quotidianamente il “problema” del sommerso, dell’immigrazione. La ricerca continua di soluzione rapide per far fronte ad un problema sempre più emergente, sempre più dilaniante.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4.1. UNA RICERCA COMPARATIVA: REGGIO EMILIA E IL XIII MUNICIPIO ROMANO

 

Nella Regione Emilia-Romagna, la Provincia di Reggio-Emilia ( Totale abitanti  171,000, superfice di 231,56 km² con una densità di 730,79)  è quella con il tasso maggiore di immigrazione (5,6% di residenti nel 2002), seguita dalla Provincia di Modena.

L’impennata nei flussi migratori in questo territorio si è verificata nel corso degli ultimi dieci anni.

Alla fine del 2003, sul territorio del Comune di Reggio-Emilia erano presenti 12.182 stranieri, pari a circa l’8% della popolazione totale. L’Africa è il continente più rappresentato (soprattutto l’Africa settentrionale), seguito ad una notevole distanza dall’Europa (in netta maggioranza immigrati albanesi) e dall’Asia.

Secondo una graduatoria stilata nel 2004 dal Ministero dell’Istruzione e ricerca, la provincia di Reggio-Emilia risulterebbe anche tra i primi posti in tutta Italia per l’incidenza della popolazione scolastica straniera. In una rilevazione effettuata nel 2004 dal Centro Servizi Amministrativi di Reggio Emilia e dalla Provincia[39], la percentuale di alunni stranieri nel distretto è stata valutata pari al 10,3% della popolazione scolastica complessiva. La scuola materna raccoglie la percentuale più alta di alunni stranieri (14,4%), seguita dalla scuola elementare (13,4%), dalla scuola media (11,4%) e, infine, dalle superiori (7,4%). Le aree geografiche più rappresentate rispecchiano quelle della popolazione straniera complessiva (Maghreb ed Est Europa).

Con l’insediarsi della nuova giunta, il Comune di Reggio-Emilia ha istituito un Assessorato con un delega precisa all’immigrazione, che – nelle dichiarazioni stesse dell’attuale assessore – si pone come trasversale agli altri assessorati coinvolti nella policy per gli immigrati. Di fatto, questo dipartimento si occupa principalmente degli interventi in campo culturale, che a Reggio-Emilia sono molto sviluppati grazie soprattutto all’attività di Mondoinsieme, un Centro del Comune per lo sviluppo delle relazioni interculturali; svolge un’attività di monitoraggio del fenomeno; cura il rapporto con le associazioni di immigrati e, più in generale, coordina la rete delle politiche per gli immigrati. Sul fronte più propriamente dei servizi sociali agli immigrati, il Comune di Reggio-Emilia.

L’idea è sempre stata quella di non istituire dei servizi ad hoc per gli stranieri,quanto rispondere a bisogni che erano di tutti i residenti,italiani e immigrati. Allo stesso modo, l’Assessorato ai Servizi sociali ha attivato un Centro informazioni per gli immigrati, pur precisando che tra i loro utenti ci sono anche molti datori di lavoro italiani. Il Comune si è impegnato anche sul versante del rapporto tra immigrati e le Questure, ovvero sulle interminabili attese in filache gli stranieri sono costretti a subire a cadenze ravvicinate per rinnovare il permesso di soggiorno, o chiedere ricongiungimenti

familiari. É un problema che affligge molte città e a cui si sta cominciando a dare una risposta proprio attraverso l’utilizzo dei Comuni come interfaccia delle istituzioni statali.

Nel caso di Reggio-Emilia è stato sottoscritto un protocollo di intesa tra la Provincia, le amministrazioni comunali del distretto, il Comune capoluogo, la Prefettura e la Questura: è stato creato un call center coordinato dalla Provincia (in questa fase iniziale), che gestisce gli appuntamenti in Questura e Prefettura, mentre i Comuni seguono tutto l’iter delle pratiche e, in molti casi, inoltrano direttamente la documentazione in Questura permettendo all’immigrato di non doversi spostare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4.2 I SERVIZI PRESENTI NEI  DIVERSI TERRIRORI

 

Tornando alla questione della comparazione tra i vari dati analizzati è emerso che tra le due realtà presentano al proprio interno molte similitudini.

Entrambe le realtà fanno riferimento, per offerta dei servizi, alla Caritas, al CSFS e a tutte le realtà presenti sul territorio, come l’associazionismo e le singole comunità.

Il Municipio XIII[40] è situato a sud del centro storico di Roma e si affaccia verso il mar Tirreno. Questo ha un territorio vasto che si estende per 150,643 Km, infatti, è per estensione il terzo municipio romano dopo il XX e il XII. Mentre la popolazione è pari a 226.084 ed è una delle più basse del Comune di Roma, essendo il Municipio XIII costituito per gran parte della superficie del territorio dalla Riserva del Litorale.

Sul totale dei 226.084 abitanti iscritti presso il l’anagrafe del Municipio, 203.456 sono cittadini italiani, mentre il restante 22.628 sono persone di altre nazionalità. L’incidenza degli stranieri sulla popolazione del XIII Municipio, sebbene influisca in modo forte sui nuovi iscritti in anagrafe, è pari al 10,3% ed è quindi relativamente bassa, se si considera la media dell’intero Comune di Roma ovvero il 12% corrispondente ad un totale di 345 mila stranieri[41].

Gli stranieri residenti nel Municipio XIII provengono per la maggior parte dall’Europa, a seguire dall’Asia, dall’Africa, ed infine dall’America, quasi per nulla dall’Oceania.

In particolare le dieci nazionalità straniere più presenti ad oggi nel XIII Municipio sono: Romania con circa 8.000 presenze, Polonia, Egitto, Srilanka, Ucraina, Filippine, Moldavia, Perù, Regno Unito, Albania. (vedi allegato n.1 “Annuario Statistico 2012 di Roma Capitale”).

A differenza della popolazione straniera romana quella presente presso il Municipio XIII è maggiormente maschile (sebbene le donne siano pari al 51% della popolazione straniera[42]). Nello specifico gli uomini sono più numerosi delle donne in due fasce d’età: la prima che va da 0 a 20 anni e la seconda che parte da 55 anni a salire, mentre le donne sono numericamente superiori agli uomini nel target d’età compresa tra i 20 e i 55 anni (da notare l’aumento della popolazione straniera anziana nel territorio in oggetto).

Mentre, per quanto concerne le informazioni sulla realtà Reggiana,  si registra che,  Al 31 dicembre 2010 la popolazione di nazionalità straniera all’anagrafe di Reggio Emilia era pari a 28.856 unità, con un incremento dell’8,2% rispetto all’anno precedente. L’incidenza degli stranieri sulla popolazione residente totale è del 16,9%, valore più che triplicato rispetto a quello registrato dieci anni fa, nel 1999.

Gli stranieri di origine europea superano le altre provenienze continentali e in particolare quelle dall’Africa che erano state prevalenti per tutto lo scorso decennio.

La nazionalità prevalente è quella albanese con 3.579 unità, mentre altre nazionalità di dimensione consistente che superano le mille unità provengono nell’ordine da Marocco (3.240), Cina (2.925), Ucraina, Romania, Ghana, Egitto, Tunisia e Moldavia. La provenienza culturale e geografica di popolazioni immigrate determina nuove modalità di accesso ai servizi, nuovi concetti di partecipazione e nuove attese nell’esercizio del diritto alla cittadinanza e all’educazione dei propri figli.

La presenza di residenti di origine straniera non è equamente distribuita nelle diverse zone della città. La Circoscrizione che vede una maggiore incidenza di residenti stranieri rispetto alla popolazione totale è quella della Città Storica, con oltre il 27% ; segue la Circoscrizione Nordest con il 19,79 %; la circoscrizione Ovest con il 15,21% e la circoscrizione Sud con il 9,81%.

La popolazione immigrata registra la maggior concentrazione nelle classi di età centrali (da 20 a 50 anni), evidenziando come la scelta migratoria sia, di fatto, legata alla ricerca di opportunità di lavoro stabile. Reggio Emilia, per le condizioni abitative e di servizi che offre, è spesso una città di secondo arrivo nei percorsi della migrazione, con un alto numero di ricongiungimenti familiari e di nascite di figli di migranti, bambini di seconda generazione che, pur partecipando fin dalla nascita alla vita della comunità non sono riconosciuti dalla legislazione come cittadini italiani, ma rimangono legati alla cittadinanza dei genitori.

Per quanto riguarda l’accesso ai servizi in particolare la Caritas, si registra  che  nel XIII Municipio , gli stranieri (principalmente uomini) in condizione di difficoltà, fanno principalmente riferimento a questo servizio, di cui rappresentano l’utenza maggiore (circa il 90%) , In particolare fondamentali risultano essere i CdA, nel XIII municipio i CDA hanno una presenza prevalente di stranieri pari al 66% (in prevalenza utenza femminile con un età compresa tra i 30/40). La nazionalità che maggiormente accede a questo servizio è Rumena (44%) seguita da quella Moldava, Ucraina, Perù, Sri Lanka. A reggio Emilia, rileviamo  che nel corso del 2012 il Centro di Ascolto diocesano ha incontrato 1.516 persone  registrando un aumento rispetto all’anno precedente di oltre sette punti percentuali. I CDA sono aumentati diventando su tutto il territorio circa 48, anche qui la maggior parte degli accessi sono prevalentemente maschili.

In questo caso rileviamo una dissomiglianza, per quanto riguarda la provenienza,infatti,  mentre nel XIII sono Moldavia/Ucraina/Peru’ a Reggio Emilia Troviamo Marocco, Tunisia,Ghana.

Invece per quanto riguarda l’offerta dei servizi 8dormitorio, mensa,abbigliamento), va precisato che entrambe offrono servizi simili.

Per quanto concerne le informazioni sul Diritto alla Salute:

XIII MUNICIPIO: Nel 2012 i consultori di Acilia e Ostia hanno visitato circa 719 e 564 immigrati per un totale complessivo di 1.283 migranti e con una prevalenza grandissima di romeni che rappresentano, rispettivamente, il 47% ed il 50%.

REGGIO E.: E’ evidente ( come riportato anche nei grafici sopra elencati) un aumento costante degli accessi. Infatti nel 2012 ci sono stati circa 1314 utenti visitati

CONCLUSIONI

 

In definitiva, una peculiarità della città è rappresentata dal fatto che Reggio Emilia ha vissuto, negli ultimi vent’anni, importanti cambiamenti demografici che hanno profondamente modificato la composizione per classi di età e per provenienza dei residenti. Il Comune ha registrato un significativo e rapido incremento della popolazione : dai circa 130.000 abitanti nel 1986 (dato rimasto pressoché stabile nei decenni precedenti) agli attuali 171.000 con un aumento di circa il 33%.

La crescita demografica è stata costante dagli anni ’90 e si può attribuire principalmente a tre fenomeni: l’aumento della natalità, l’aumento della vita media degli abitanti, l’alto tasso di immigrazione da altre Regioni d’Italia e dall’estero.

Al 31 dicembre 2010 la popolazione di nazionalità straniera registrata all’anagrafe di Reggio Emilia era pari a 28.856 unità, con un incremento dell’8,2% rispetto all’anno precedente. L’incidenza degli stranieri sulla popolazione residente totale è del 16,9%, valore più che triplicato rispetto a quello registrato dieci anni fa, nel 1999.

Gli stranieri di origine europea superano le altre provenienze continentali e in particolare quelle dall’Africa che erano state prevalenti per tutto lo scorso decennio.

La nazionalità prevalente è quella albanese con 3.579 unità, mentre altre nazionalità di dimensione consistente che superano le mille unità provengono nell’ordine da Marocco (3.240), Cina (2.925), Ucraina, Romania, Ghana, Egitto, Tunisia e Moldavia. La provenienza culturale e geografica di popolazioni immigrate determina nuove modalità di accesso ai servizi, nuovi concetti di partecipazione e nuove attese nell’esercizio del diritto alla cittadinanza e all’educazione dei propri figli.

La presenza di residenti di origine straniera non è equamente distribuita nelle diverse zone della città. La Circoscrizione che vede una maggiore incidenza di residenti stranieri rispetto alla popolazione totale è quella della Città Storica, con oltre il 27% ; segue la Circoscrizione Nordest con il 19,79 %; la circoscrizione Ovest con il 15,21% e la circoscrizione Sud con il 9,81%.

La popolazione immigrata registra la maggior concentrazione nelle classi di età centrali (da 20 a 50 anni), evidenziando come la scelta migratoria sia, di fatto, legata alla ricerca di opportunità di lavoro stabile. Reggio Emilia, per le condizioni abitative e di servizi che offre, è spesso una città di secondo arrivo nei percorsi della migrazione, con un alto numero di ricongiungimenti familiari e di nascite di figli di migranti, bambini di seconda generazione che, pur partecipando fin dalla nascita alla vita della comunità non sono riconosciuti dalla legislazione come cittadini italiani, ma rimangono legati alla cittadinanza dei genitori.

 

 

Concludendo, le due realtà, brevemente, analizzate hanno evidenziato molte similitudini. Infatti se da una parte troviamo Reggio Emilia, stereotipo di un modello che funziona, della convivenza civile e del senso civico, città con un’opinione pubblica vivace e un’informazione locale pluralista che vanta gli asili pubblici più belli e copiati del mondo,custode della memoria antifascista. Dall’altra una grande metropoli, con un numero di abitanti esorbitante, con una realtà tanto bella quanto complessa, con un patrimonio artistico che fa invia a tutto il mondo. Entrambe, però, affrontano quotidianamente il “problema” del sommerso, dell’immigrazione e del dover trovare soluzioni rapide a problemi complessi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

 

·         Tentori T., Antropologia delle società complesse, Armando Editore, Roma, 1999, pag.56-57

·         Crapanzano V., Thuami, pag.15.

·         Tentori T., Antropologia delle società complesse, pag. 18

·         Vattimo G., La società trasparente, Garzanti Libri, Milano, 2011

  • Marcus G., Fischer J., Antropologia come critica culturale, Meltemi Editore, 1998
  • Sapir E., “Spurius and genuine culture” in Selected Writings of Edward Sapir in Language, Culture and Personality, University of California Press, 1985 
  • Bauman Z., La solitudine del cittadino globale, Milano, Feltrinelli, 2000, pag. 126
  • Bauman Z., Voglia di comunità, Roma, Laterza, 2001, pag.95

·         Bauman Z., Lavoro, consumismo e nuove povertà, Città Aperta edizioni, 2004

  • Marcus G., Fischer J., Antropologia come critica culturale, Meltemi Editore, 1998, p.204

·         Giddens A., Ulrich B., Modernizzazione riflessiva, Asterios, 1999, pag.136

  • Touraine A., Libertà, uguaglianza, diversità. Si può vivere insieme?, Milano, Il Saggiatore, 1998, Pag.153
  • Touraine A., Libertà, uguaglianza, diversità. Si può vivere insieme?, Milano, Il Saggiatore, 1998, Pag.17

·         Pollini G., Scidà G., Sociologia delle migrazioni e della società multietnica, Roma, Franco Angeli, 2002, Pag. 62

·         Walter Benjamin, Giorgio Agamben (a cura di), Parigi, capitale del XIX secolo. Progetti appunti e materiali 1927-1940, traduzione di Gianni Carchia, Massimo De Carolis, Antonella Moscati, Francesco Porzio, Giuseppe Russo, Renato Solmi, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1986.

·         Kevin Lynch, “L'immagine della città”, 2006, Marsilio Editore

·         Farmer, Paul (2006: 265-300 e VII) “Sofferenza e violenza strutturale. Diritti sociali ed economici nell’era globale”, in Antropologia Medica, a cura di Ivo Quaranta, Raffaello Cortina Editore Milano

·         Bauman Z., Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone (op. orig.: Globalization. The Human Consequences, 1998),  p. 96.

·         Sayad Abdelmalek, La doppia assenza. Dalle illusioni dell'emigrato alle sofferenze   dell'immigrato, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2002 (La double absence, Paris, Editions du Seuil, 1999)

·         Ibidem, p.108

·         Bauman Z., Modernità e ambivalenza, in Featherstone M. (a cura di), Cultura globale, nazionalismo, globalizzazione e modernità (op. orig. : Global culture. Nationalism, Globalization and Modernity, 1990 ), trad. it. Di Mazzi F., SEAM, Milano, 1996, pp. 43-71;

·         Bauman Z., La società dell’incertezza trad. it. Di Marchisio R. e Neirotti S., Il Mulino, Bologna, 1999. pp-8-9.

·         ibidem, p. 66.

·         Si distingua il progettatore sociale, nell’accezione che gli stiamo dando, dal “progettista”, da intendersi come colui che tecnicamente scrive un formulario di progetto.

  • Callari Galli M. Pievani T., Ceruti M., Pensare la diversità. Per un’educazione alla complessità umana, Meltemi, Roma, 1998

·         Tentori, T. Il rischio della certezza, Studium, Roma, 1987

·         Cfr. Bateson, G., Verso un’ecologia della mente (ed.or 1977)  e Mente e natura (ed.or. 1979).

·         Bateson, G., Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano, 2001, pg, 492

·         Bateson, G. Mente e Natura, Adelphi, Milano, 1999, pg.42

·         Geertz, C., (ed.or 1973) Interpretazione di culture, Il Mulino, Bologna, 1988.

·         Ivi, pg. 12

·         Lezione del Prof. Pistolese, “Teoria della ricerca azione”. VIII° Modulo, 7 aprile 2013

 

  • “La legge-quadro 328/2000: legge di attuazione di principi costituzionali”, Il sistema integrato dei servizi sociali. Commento alla legge n. 328 del 2000 e ai provvedimenti attuativi dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, 2 ed., 2007.

·         Percorsi per l’accoglienza 2012.2013 Centro di Ascolto delle Povertà

  • AA. VV., “Le prospettive aperte dalla legge n. 328/2000 cinque anni dopo”, Il sistema integrato dei servizi sociali. Commento alla legge n. 328 del 2000 e ai provvedimenti attuativi dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, 2 ed., 2007

·         E Ferioli, “Diritti e servizi sociali nel passaggio dal welfare statale al welfare municipale”, G. Giappichelli editore, pp. 228

·         Dossier Statistico Immigrazione 2011 della Caritas/Migrantes.

  • Documento sintetico del Tavolo Immigrazione L. 328.
  • Annuario Statistico 2011, Roma Capitale. U.O Statistica e censimento. Sistema Statistico Nazionale. Roma, Dicembre 2011.
  • Caritas – Migrantes, Dossier Statistico Immigrazione 2011, 21° Rapporto, Ed. Idos, Roma, 2011.

·         Crisci M., Italiani e stranieri nello spazio urbano. Dinamiche della popolazione di Roma, Franco Angeli, Milano, 2010.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia FAD

 

I testi selezionati in questa sezione racchiudono in modo esaustivo il materiale consigliato o utilizzato come riferimento in aula nel corso dello svolgimento dei moduli del Master PSGT. I contributi hanno un orientamento multidisciplinare e trasversale rispetto alle tematiche affrontate in sede di tesi.

 

(FAD II Modulo)

 

-          LA CURA E IL POTERE: SALUTE GLOBALE, SAPERI ANTROPOLOGICI, AZIONI DI COOPERAZIONE SANITARIA TRANSNAZIONALE a cura di Umberto Pellecchia e Francesco Zanotelli, Firenze: ed.it, 2010

-          CORPO, POTERE E MALATTIA, ANTROPOLOGIA E AIDS NEI GRASSFIELDS DEL CAMERUN Ivo Quaranta, Meltemi 2006

-          ANTROPOLOGIA  MEDICA. I TEST FONDAMENTALI, Ivo Quaranta, Cortina Raffaello 2006

-          Pathologies of Power: Health, Human Rights, and the New War on the Poor, Paul Farmer - University of California Press – 2004

-          HUMANITARIAN REASON. A MORAL HISTORY OF THE PRESENT, Didier Fassin, University of California Press, 2011

-          INTERCULTURA, G. Mantovani, Il Mulino, 2004

-          IL DISAGIO DELLA MODERNITÀ, C. Taylor, Laterza, 1999

-          MODERNITA' LIQUIDA, Z. Bauman, Laterza, 2003

-          LA SOLITUDINE DEL CITTADINO GLOBALE Z. Bauman, Feltrinelli- 2009

-          IL DISAGIO DELLA POSTMODERNITÀ Z. Bauman, Mondadori Bruno – 2007

-          L'EUROPA NELL'ETÀ GLOBALE,  A. Giddens, I Robinson, Letture, 2007

-          LA DISEGUAGLIANZA. UN RIESAME CRITICO, A. Sen, Biblioteca paperbacks, 2010       

-          LA MISURA SBAGLIATA DELLE NOSTRE VITE. PERCHÉ IL PIL NON BASTA PIÙ PER VALUTARE BENESSERE E PROGRESSO SOCIALE, A. Sen, Economia e storia economica, 2010       

-          IDENTITÀ E VIOLENZA, A. Sen, Laterza, 2008

-          LE PERSONE SENZA DIMORA. LA DIMENSIONE MULTIPLA DEL FENOMENO, Gnocchi R., Carocci, 2009

-          STORIE DI BARBONI RASATI A SECCO. Assessorato politiche per la promozione salute, Armando editore, 2000    

-          IMPOVERIMENTO E POVERTÀ - PERCORSI DI VITA E SERVIZI A ROMA E TORINO, Aldo Morrone, Monica Reynaudo (a cura), INMP, Gruppo Abele, 2011

-          IL MONDO CHE CAMBIA. COME LA GLOBALIZZAZIONE RIDISEGNA LA NOSTRA VITA A. Giddens, Intersezioni, 2000.

 

(FAD III Modulo)     

          

-          Eberhard Ch, Towards  an Intercultural  Legal Theory, The Dialogical Challenge, in Social e legal studies, An International Journal , N10, 2001.

-          Eberhard Ch,  Droits de l’Homme  et dialogue  Interculturel, Editions  des Ecrivains Paris 2002

-          Panikkar Raimon , Pace e interculturalità , Jaca Book, Milano, 2006.

-          Panikkar Raimon , Il dialogo intrareligioso, Cittadella Editrice, Assisi,2011

-          Panikkar R.  I diritti dell’uomo  sono una nozione occidentale? Intercultura N° 5. 2006

-          Pandolfi  Luca , L’interpretazione dell’altro, per un’antropologia dialogica, Ediz . Aracne, Roma 2005.

-          Magli  Ida , Dopo l’Occidente, Rizzoli, Bur, Milano 2012.

 (FAD V Modulo)

 -          Lowenthal D. (1985), The Past is a Foreign Country,  Cambridge University, Cambridge.

 -          Lowenthal D. (1998), The Heritage Crusade, Cambridge University Press, Cambridge.

 

-          Palumbo B. (2003), L’UNESCO e il campanile, Meltemi, Roma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sitografia

 

            www.comune.re.it

www.mondoinsieme.it

www.asgi.it associazione studi giuridici sull’immigrazione

www.caritas.reggiana.it

www.libera-mente.org

www.solidarieta.re.it

www.migrare.it

www.archiviocomunita.org Archivio comunità straniere

www.caritasitaliana.it Caritas Italiana

www.cespi.it Centro Studi di Politica Internazionale

www.cestim.it sito di documentazione sui fenomeni migratori

    www.cooperazioneintegrazione.gov.it Ministero della Cooperazione e Integrazione

    www.programmaintegra.it portale dei servizi territoriali per i richiedenti asilo, rifugiati e migranti

    www.stranieriinitalia.it il portale dei nuovi cittadini

    www.sistan.it Sistema Statistico Nazionale

 

 

 

 

 

 

 

 

Riferimenti Normativi

 

• 1994

Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio “Principi

sull’erogazione dei servizi pubblici”;

• 1994

Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’11 ottobre “Principi per

l’istituzione ed il funzionamento degli uffici per le relazioni con il pubblico”;

• 1998

Decreto legislativo n. 112 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi

dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge

15 marzo 1997, n° 59”;

• 1999

Decreto legislativo n. 286 “Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati

dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell’articolo 11

della legge 15 marzo 1997, n° 59”;

• 2000

Legge n. 328 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato dei

servizi sociali” prevede che ciascun ente erogatore di servizi adotti una

carta dei servizi dandone adeguata pubblicità agli utenti;

• 2000

Legge n. 150 relativa alla disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni;

• 2002

Delibera della Giunta Comunale di Reggio Emilia, 18769/283 “Approvazione

dell’attivazione del processo di riorganizzazione dei servizi sociali comunali”;

• 2003

Delibera della Giunta Comunale di Reggio Emilia, 17151/229 “Attivazione del

processo di riorganizzazione dei servizi sociali comunali: modifica della numerazione dei Poli territoriali di servizio sociale”;

• 2003

Legge Regionale n. 2 “Norme per la promozione della cittadinanza sociale e

per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”;

• 2003

Decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196 “Codice in materia di protezione dei

dati personali”;

• 2008

Legge Finanziaria. L’art. 2 comma 461 prevede l’obbligo per i soggetti gestori

di servizi pubblici di introdurre la carta della qualità dei servizi per la definizione degli standard di qualità e di quantità relativi alle prestazioni erogate, al fine di tutelare i diritti dei consumatori e degli utenti dei servizi pubblici

locali e di garantire la qualità, l’universalità e l’economicità delle relative

prestazioni;

• 2009

Delibera della Giunta Comunale di Reggio Emilia, 26671/341 “Ridefinizione

della denominazione, della base territoriale e della dislocazione dei Poli territoriali di Servizio Sociale in conseguenza del nuovo assetto delle circoscrizioni cittadine”.



[1] Tentori T., Antropologia delle società complesse, Armando Editore, Roma, 1999, pag.56-57

[2] Crapanzano V., Thuami, pag.15.

[3] Tentori T., Antropologia delle società complesse, pag. 18

[4] Vattimo G., La società trasparente, Garzanti Libri, Milano, 2011

[5] Marcus G., Fischer J., Antropologia come critica culturale, Meltemi Editore, 1998

[6] Sapir E., “Spurius and genuine culture” in Selected Writings of Edward Sapir in Language, Culture and Personality, University of California Press, 1985 

[7] Bauman Z., La solitudine del cittadino globale, Milano, Feltrinelli, 2000, pag. 126

[8] Bauman Z., Voglia di comunità, Roma, Laterza, 2001, pag.95

[9] Bauman Z., Lavoro, consumismo e nuove povertà, Città Aperta edizioni, 2004

[10] Marcus G., Fischer J., Antropologia come critica culturale, Meltemi Editore, 1998, p.204

[11]  Giddens A., Ulrich B., Modernizzazione riflessiva, Asterios, 1999, pag.136

[12]  Touraine A., Libertà, uguaglianza, diversità. Si può vivere insieme?, Milano, Il Saggiatore, 1998, Pag.153

[13] Touraine A., Libertà, uguaglianza, diversità. Si può vivere insieme?, Milano, Il Saggiatore, 1998, Pag.17

[14] Pollini G., Scidà G., Sociologia delle migrazioni e della società multietnica, Roma, Franco Angeli, 2002, Pag. 62

[15] Walter Benjamin, Giorgio Agamben (a cura di), Parigi, capitale del XIX secolo. Progetti appunti e materiali 1927-1940, traduzione di Gianni Carchia, Massimo De Carolis, Antonella Moscati, Francesco Porzio, Giuseppe Russo, Renato Solmi, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1986.

 

[16] Kevin Lynch, “L'immagine della città”, 2006, Marsilio Editore

[17]  Farmer, Paul (2006: 265-300 e VII) “Sofferenza e violenza strutturale. Diritti sociali ed economici nell’era globale”, in Antropologia Medica, a cura di Ivo Quaranta, Raffaello Cortina Editore Milano

[18] Bauman Z., Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone (op. orig.: Globalization. The Human Consequences, 1998),  p. 96.

[19] Sayad Abdelmalek, La doppia assenza. Dalle illusioni dell'emigrato alle sofferenze   dell'immigrato, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2002 (La double absence, Paris, Editions du Seuil, 1999)

[20] Ibidem, p.108

[21] Bauman Z., Modernità e ambivalenza, in Featherstone M. (a cura di), Cultura globale, nazionalismo, globalizzazione e modernità (op. orig. : Global culture. Nationalism, Globalization and Modernity, 1990 ), trad. it. Di Mazzi F., SEAM, Milano, 1996, pp. 43-71;

[22] Bauman Z., La società dell’incertezza trad. it. Di Marchisio R. e Neirotti S., Il Mulino, Bologna, 1999. pp-8-9.

[23]  Ibidem, p. 66.

[24] Si distingua il progettatore sociale, nell’accezione che gli stiamo dando, dal “progettista”, da intendersi come colui che tecnicamente scrive un formulario di progetto.

[25] Callari Galli M. Pievani T., Ceruti M., Pensare la diversità. Per un’educazione alla complessità umana, Meltemi, Roma, 1998

[26] Tentori, T. Il rischio della certezza, Studium, Roma, 1987

[27]  Cfr. Bateson, G., Verso un’ecologia della mente (ed.or 1977)  e Mente e natura (ed.or. 1979).

 

[28] Bateson, G., Verso un’ecologia della mente, Adelphi, Milano, 2001, pg, 492

[29] Bateson, G. Mente e Natura, Adelphi, Milano, 1999, pg.42

[30] Geertz, C., (ed.or 1973) Interpretazione di culture, Il Mulino, Bologna, 1988.

[31] Ivi, pg. 12

[32] Lezione del Prof. Pistolese, “Teoria della ricerca azione”. VIII° Modulo, 7 aprile 2013

[33] AA. VV., “La legge-quadro 328/2000: legge di attuazione di principi costituzionali”, Il sistema integrato dei servizi sociali. Commento alla legge n. 328 del 2000 e ai provvedimenti attuativi dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, 2 ed., 2007, pp. 3-26.

 

[34]  Carta dei servizi- Poli- Reggio Emilia 2005

[35] Art.7, Legge 2 del 2002

[36] Profilo Immigrati, Dati Statistici  30/01/2013

[37]  Piergiorgio Corbetta, Metodologia e Tecniche della Ricerca Sociale – Mulino, 1999

[38]  “L’Italia a Pezzi” ed. La Terza,  Antonio Roccuzzo

[39]  Si fa riferimento all’ “Annuario delle scuole reggiane, anno scolastico 2004

[40] Elaborato scritto dalla dott.ssa Mara Camarda, “La legge 328/00 e il tavolo immigrazione” -  Roma, 2013

[41] Rapporto Immigrazione 2011 Roma

[42] Documento sintetico del Tavolo Immigrazione

 


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