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 La Magia Africana nel Mondo Occidentale Contemporaneo: una Ricerca Etnografica sui Fuqara Marocchini

 

African Magic in Contemporary Western World: an Ethnography on Moroccan Fuqara

 

By Laura Tognoni

 

Abstract

 

In contemporary world magical-religious practises still play a significant role. What is generally thought as a phenomenon typical of a distant past or of a 'primitive' culture, is a reality that includes western societies and crosses cultural barriers and international boarders. This paper is based on an ethnographic research made in Morocco in 2015. I start by investigating the reasons why magic is still present today and why in western countries there is a progressive interest in spirituality and African traditional practices. I will explain how over the years these practices have crossed boarders due to globalization and a general feeling of disillusion towards rationality and science. I then analyse Moroccan fuqara (local spiritual healers) by describing their origin, character and practices and their relationship with western people who search for their assistance. Fuqara combine the recite of Coranic verses and traditional practices to treat possession by jinn and relieve physical or social ailments caused by sorcery or illness.

What emerges from this study is that western people attracted by this phenomenon face contrasting emotions and thoughts such as scepticism, curiosity, interest, shame and fear. They are forced to reflect on their cultural background by opening to new perspectives of the idea of rationality, truth and logic within a global world where geographical and ideological barriers are easier to break and different realities are within hand's reach. Religion and magical practises can become therefore means of cultural connection and confrontation.

Key Words: magic, Morocco, healers, contemporary, religion, jinn, fuqara, baraka, magia, Marocco, guaritori, contemporaneo, religione

 

Introduzione

 

Lo scopo di questo articolo è di spiegare come nell'era contemporanea la magia africana sia entrata sempre più in contatto con il mondo occidentale generando nuove dinamiche nei rapporti culturali fra realtà apparentemente diverse. In particolare, l'intento è di analizzare come e perché in Marocco alcuni occidentali ricorrano alla consulenza e alle pratiche dei guaritori locali (meglio noti come fuqara nel linguaggio marocchino) per la risoluzione di problemi o per la guarigione da malattie. Questo lavoro si basa su una ricerca etnografica da me condotta tra la fine del 2014 ed i primi mesi del 2015.

Per prima cosa inizierò, sulla base della letteratura esistente, con l'individuare i temi salienti più significativi nel fornire delle teorie sul perché la magia sia ancora presente al giorno d'oggi. Inoltre analizzerò lo scenario socio-economico attuale e il progressivo avvicinamento alla spiritualità da parte del mondo occidentale. Successivamente descriverò i fuqara e le loro attività identificando le caratteristiche delle pratiche magico-religiose africane che le rendono particolarmente affascinanti agli occhi degli occidentali. Infine, concluderò con il riassumere alcune riflessioni emerse da tale lavoro sulla crisi della presenza nel mondo, sulla razionalità e sulla religione nel rapporto fra le culture.

Quando parliamo di magia occorre chiarire fin da subito che il concetto, o piuttosto i concetti, di magia si sono formati e trasformati nel corso della storia. Non si tratta di un oggetto la cui esistenza è un dato di fatto e la cui identità può essere descritta attraverso una semplice definizione. La magia è quindi un insieme complesso di fenomeni che sono costantemente modificati dai processi storici in cui si trovano a evolvere. Il suo concetto è quindi costruito, ed è stato usato in modi diversi, per svolgere funzioni diverse a seconda dei contesti. Il concetto di magia ha le sue origini e si è sviluppato nell'ambito della cultura occidentale, come il concetto di religione, che rimane ad esso ideologicamente collegato. Infatti lo studio della magia è connesso a quello delle credenze religiose e del rito in generale. Fabietti (2010:133) scrive che “per 'magia' si intende comunemente un insieme di gesti, atti e formule verbali (a volte anche scritte) mediante cui si vuole influire sul corso degli eventi e sulla natura delle cose”. Anche Charlotte Seymour-Smith (1991:242) descrive la magia come un rituale il cui scopo è il tentativo di manipolare agenti o forze soprannaturali o spirituali. Ne il Dizionario di Antropologia, Fabietti e Remotti (1997:431) scrivono che “il magico è una categoria di confine, utilizzata di volta in volta per definire grazie al contrasto, i contenuti della religione, della scienza o il procedere della ragione”.

 

Le pratiche magico-religiose nel mondo di oggi

 

Le pratiche magico-religiose in Occidente sono state oggetto di vari studi nel corso dei secoli per capirne soprattutto le ragioni storico-culturali che vi stanno alla base. Vi sono alcuni temi che emergono in maniera costante da tali studi il cui scopo è il tentativo di spiegare e comprendere il mantenimento o la rinascita di tali pratiche in Occidente. Tali temi sono: crisi della presenza, razionalità, speranza e fiducia, potere. Non sono da considerarsi slegati l'uno dall'altro, come singole teorie indipendenti, ma al contrario sono fra loro interconnessi.

 

Il primo tema si basa sugli studi di Ernesto De Martino e si fonda sulla convinzione che l'uomo ricorra alla magia nel momento in cui vi è una crisi della propria presenza, dove vi è il rischio di perdere il proprio posto nel mondo e diventa più facile essere agiti che agire perché ci si allontana dal sé e quindi dai propri riferimenti culturali. Secondo De Martino l'esserci nel mondo non è certo né garantito ma è sempre esposto al rischio della labilità. La crisi della presenza “insorge in determinati momenti critici dell'esistenza, quando la presenza è chiamata ad uno sforzo più alto del consueto” (De Martino 1997:81), ovvero perché “impone una decisione, una scelta, un pronto adattamento alla realtà, un comportamento ricco di conseguenze altamente impegnative per la presenza” (De Martino 1997:23), dove il rischio è quello di non riuscire a mantenersi, di perdersi. La magia diventa una fonte alternativa da cui attingere per ristabilire l'ordine e orientare le scelte. I riti magici costituiscono una tecnica protettiva che permette di arrestare il caos insorgente e riscattarlo in un ordine. Il guaritore diventa ciò che De Martino (1997:23) chiama il “Cristo Magico”, colui che affronta il rischio della dissoluzione e lo vince e attraverso il suo riscatto aiuta tutti i membri della comunità.

 

Il tema della razionalità è legato alle concezioni occidentali di un mondo basato sulla razionalizzazione intellettualistica attraverso la scienza, sul pensiero ipotetico-deduttivo. La comprensione del mondo avviene attraverso l'osservazione oggettiva, la sperimentazione e lo sviluppo di ipotesi e teorie. Per Max Weber (2012) la scienza è il mezzo principale dell'intellettualizzazione del mondo, l'uomo libero dall'incanto ha di fronte a sé un mondo caotico, senza senso, ma al tempo stesso ha raggiunto la convinzione di poterlo conoscere e agire basandosi sulla propria ragione. Nonostante ciò, nel quotidiano, di fronte a certi avvenimenti, vi è una frequente violazione dei principi e delle regole della razionalità. La magia entra in gioco dove la scienza fallisce nel fornire una spiegazione di senso supportata da dati empirici, oppure dove vi sono fenomeni inspiegabili che vengono associati al mondo magico. Secondo Silvia Bonino (1994) la presenza del pensiero magico nell'età adulta è giustificata da tre principali funzioni: difensiva, propiziatoria, conoscitiva.

La funzione difensiva è fondata sulla convinzione di poter controllare la realtà, ed è usata per affrontare situazioni che provocano angoscia o insicurezza, specialmente quando si è chiamati a fare delle scelte in situazioni incerte o di rischio, ossia in condizioni che non consentono nessuna possibilità di valutare la probabilità che un evento si verifichi e che, conseguentemente, non consentono scelte razionali.

La funzione propiziatoria è fondata sulla convinzione che ci siano forze che regolano gli eventi.

Infine, la funzione conoscitiva è legata al fatto che il pensiero magico può riempire i vuoti delle altre forme di pensiero e spiega ciò che non può essere conosciuto secondo la logica.

 

Il terzo tema, quello della speranza e della fiducia (ispirato soprattutto agli studi di Galina Lindquist [2005] nella Russia della Perestroika), si riscontra in presenza di gravi crisi, quando la società si perde verso la totale imprevedibilità ed indeterminazione e i canali di agency si bloccano insieme alla speranza. In questi casi la cultura, attraverso la magia, offre altre risorse e altri cammini da prendere per rigenerare la speranza e la fiducia, tali cammini sono determinati da logiche nuove; in particolare, come dice Bourdieu (2000:213), da logiche pratiche che spesso sfuggono alla razionalità. In presenza di un futuro oscuro, dove niente è possibile, tutto, paradossalmente, diventa possibile e ha lo scopo di riempire il vuoto del domani offrendo una speranza illusoria dove quella reale non esiste più.

 

Infine il tema del potere. Nelle società dove le persone si sentono impotenti e fuori controllo, dove prevalgono condizioni di instabilità, la magia rappresenta un mezzo per riappropriarsi del potere, sulla propria vita ma anche nelle relazioni con gli altri. La magia è di per sé un gioco di potere fra cliente e mago, un modo per riequilibrare ruoli e dinamiche di controllo. I guaritori sono dotati di forte carisma grazie al quale riescono a introdurre un nuovo ordine ed una nuova logica. Si perde potere affidandosi ai guaritori per poi riconquistarlo all'interno della propria vita una volta ottenuto l'aiuto necessario. Vi è una temporanea volontaria sottomissione che ha lo scopo però di condurre ad un nuovo controllo, ad una nuova libertà ed autonomia.

 

Ora, appurati i motivi sopra descritti per spiegare la presenza della magia nel mondo contemporaneo, resta da chiedersi quali sono invece gli elementi sociali, storici ed economici che ne influenzano la sua diffusione ed in particolare che permettono una connessione fra le pratiche magico religiose di paesi diversi.

 

 

L'attuale scenario storico: la magia nel mondo della globalizzazione e della deterritorializzazione

 

La magia è un processo dinamico, che si evolve nel tempo e che si adatta alla modernità, ai nuovi equilibri economici e sociali e alle connessioni globali e attraversa i confini grazie alle migrazioni, ai commerci ecc.

Secondo Joseph Tonda (2005:213) in merito alla magia nell'era contemporanea, dobbiamo allontanarci dall'idea di un opposizione fra tradizione e modernità e considerarla come un fenomeno complesso legato non solo ai rituali e alla stregoneria ma anche alla formazione degli stati e alle forme moderne di imprenditoria e consumismo. La magia si è evoluta, modificata, ha assunto nuove forme che non sono più solo legate a logiche di lignaggio ma a orizzonti più ampi in un circuito globale.

Tuttavia per molto tempo il mondo occidentale ha considerato la scienza come base per la ricerca della verità e come principale fonte di spiegazione logica dei fenomeni.

Soprattutto a partire dal XIX secolo il processo di industrializzazione, la tecnologia e il progresso hanno aumentato il senso di razionalità e la propensione ad un approccio scientifico nei confronti della realtà. La maggiore sicurezza e stabilità hanno ridotto l'incertezza e la paura del quotidiano e del futuro. Il progresso ha permesso la risoluzione di molti problemi pratici e questo ha ridotto il bisogno e il desiderio di ricorrere a forme alternative di supporto. Susan Hoyle (2004:8) dice che già a partire dalla fine del XIX secolo “the end of withcraft may set in when the withcraft story was replaced by a rational one, in other words, when a scientifically medical or agricultural solution was chosen to tackle problems previously ascribed to witchcraft”. Secondo Nils Freytag (2004), inoltre, il più elevato livello di istruzione, la maggiore diffusione delle conoscenze medico-scientifiche, una migliore comunicazione e l'aumento dell'urbanizzazione hanno contribuito ad elevare diverse zone rurali dell'Europa dove la superstizione e la magia erano legate soprattutto all'isolamento.

I temi esistenziali dell'epoca erano più focalizzati sulla ricerca di una stabilità economica, materiale e fisica e, da questo punto di vista, la tecnologia e l'industrializzazione avevano permesso di fare enormi passi avanti. In quel contesto di sviluppo, gli aspetti spirituali e mistici dell'esistenza sono diventati progressivamente meno prioritari e si è assistito ad una sempre maggiore propensione all'allontanamento dalla sfera magica. La razionalizzazione ha concentrato l'attenzione sulle procedure, la burocrazia, l'ordine, l'efficienza, su tutto ciò che poteva essere fatto meglio, in fretta e in maniera più economica ed efficiente. Di conseguenza la religione, i valori della preghiera e dell'intervento divino suonavano estranei in una società basata su di un ordine misurabile e quantificabile.


Col tempo però l'aspetto materiale si è rivelato insufficiente. Siamo arrivati ad un punto in cui perfino le spiegazioni scientifiche e la tecnologia non risolvono i problemi o estinguono i dubbi. Persino i grandi traguardi della medicina non sono più sufficienti. Soprattutto a partire dagli anni 1970 si sviluppa quindi una nuova coscienza. L'industrializzazione ha portato lavoro e progresso ma ha rovinato l'ambiente e creato maggiori divari sociali fra ricchi e poveri, la tecnologia ha facilitato la vita ma lo ha fatto a discapito della forza lavoro e delle tradizioni locali, il progresso medico ha aumentato le aspettative di vita ma ha suscitato nuovi interrogativi morali, la maggiore mobilità delle persone a livello mondiale ha ridotto le distanze, creato opportunità, avvicinato popoli ma ha anche modificato o cancellato tradizioni, legami e valori.

In una società attenta alla velocità, riemergono valori considerati quasi anacronistici, quelli della persona vista nella sua totalità, con il suo corpo, i suoi sentimenti, le sue relazioni con gli altri, in breve, una persona riunificata, diversa da quella proposta e voluta dalla società contemporanea, ovvero parcellizzata, specializzata, istituzionalizzata. E' evidente a tutti come, per esempio, le pratiche New Age, lo yoga, la meditazione (solo per citarne alcune) siano forme sempre più diffuse nel mondo occidentale, oltre ad un ritorno della religione.

Gli studi di Sara MacKian (2012) ci mostrano anche la nascita di un altro fenomeno, ovvero l'incremento delle esperienze spirituali, un interesse crescente nell'esoterismo, nel tentativo di una connessione con gli spiriti, con l'altro mondo. Questo fenomeno è parte della realtà e, anche se la mente razionale dell'Occidente (e molti accademici), tende a classificare ogni nozione sull'altro mondo come superstizione, come esperienze personali dei singoli individui figlie delle mode generate dal consumismo, queste nuove propensioni sono parte della modernità magica e, secondo Sara MacKian, le scienze sociali dovrebbero cominciare a prendere in considerazione questa presenza come parte del nostro mondo sociale. Vi è nel mondo una maggiore propensione a non considerare più l'uomo solo in termini illuministici, come essere esclusivamente razionale, ma a considerarlo nella sua totalità, fatta di corpo, mente e spirito, dove dare spazio alla sfera emotiva e irrazionale del proprio essere non è più considerato segno di debolezza ma anzi elemento di arricchimento.

I teorici della modernizzazione del 1900 (tra cui Max Weber, Talcott Parsons, Edward Shils1) sostenevano che il mondo moderno sarebbe diventato una “gabbia d'acciaio” (Weber 2012:185-186), caratterizzato da una sempre più ridotta religiosità (e un maggiore scientismo), da meno gioco (e tempo libero sempre più regolamentato), dall'inibizione della spontaneità ad ogni livello, quindi (per usare termini dello stesso Weber) dalla “spersonalizzazione” e da una “pietrificazione meccanizzata” (2012:185). Consideravano la modernità come indissolubilmente legata al processo di razionalizzazione, inteso come una fase conclusiva del disincantamento del mondo e come caratteristica universale dell'umanità che lentamente si è sviluppata sempre più verso un allontanamento dalle credenze magiche e un'organizzazione sociale basata su razionalità, sapere empirico e dunque scienza.

Appadurai crede invece che molte di queste teorie siano sbagliate. Egli non crede, per esempio, in una morte prematura della religione, anzi, ritiene che ci siano molte evidenze che, non solo la religione non è morta, ma che può essere sempre più significante in un mondo caratterizzato da mobilità e politiche di interconnessione a livello globale (2005:6). Infatti sembra che dal XX secolo si stia assistendo a un nuovo illuminismo che comporta però una riscoperta dello spirito, un ritorno alla magia. Una ricerca della comprensione del mondo in un modo radicalmente diverso dalla gabbia di ferro ipotizzata da Weber.

Rispetto però ai fenomeni magici del passato, quello che rende la situazione attuale diversa, unica e nuova è la sua connessione con i processi di globalizzazione e delocalizzazione, che necessariamente finiscono per avere un impatto su questo nuovo sistema di cambiamento sociale. Farò riferimento nell'affrontare questo punto agli studi di Appadurai (2005). Egli sostiene che tutte le società hanno prodotto le loro versioni di arte, mito e leggende, espressioni che fanno pensare alla potenziale evanescenza della vita ordinaria. Attraverso questi elementi le società cercavano di rimodellare la loro vita sociale per mezzo della mitologia al fine di creare un nuovo immaginario della propria realtà, una forma di fuga dal quotidiano. Anche il sogno poteva essere un mezzo potente attraverso il quale poter ridisegnare la propria vita, dare sfogo ad emozioni e sensazioni senza tabù né limiti. Attraverso i rituali si poteva giocare con l'immaginazione per andare oltre le norme e le regole imposte dall'ordinario.

Tali comportamenti sono stati da sempre alla base degli studi antropologici. Siamo però di fronte ad un grande cambiamento. Infatti, l'immaginazione nel mondo “postelettronico” (Appadurai 2005:5) gioca un nuovo ruolo. Secondo Appadurai, infatti, per prima cosa non è più confinata solo ai miti, all'arte e alle leggende ma è entrata a far parte del quotidiano, invadendolo e condizionandolo. In passato ciò succedeva solo durante le rivoluzioni, quando grandi leaders erano capaci di diffondere la propria ideologia nelle strade creando potenti movimenti di cambiamento sociale. Adesso, però, l'immaginazione non è prerogativa di individui particolarmente carismatici, ma ogni persona ordinaria impiega la propria immaginazione nella vita di tutti i giorni. Tutto ciò è reso realizzabile anche dal fatto che la possibilità di spostarsi e di muoversi non è più sogno di esclusivo privilegio di poche fortunate persone. La migrazione, gli spostamenti a livello locale, nazionale e globale, e persino le diaspore forzate, portano con sé la forza dell'immaginazione che sia come ricordo o come desiderio. Ne nascono delle mitografie differenti rispetto a quelle del passato mitico e rituale perché in questo caso sono l'espressione concreta di un nuovo progetto sociale e non solo una fuga dalla realtà. Infatti Appadurai ci dice che vi è differenza fra fantasia e immaginazione, perché mentre la prima è passiva ed è disconnessa dall'azione, la seconda diventa impulso ad agire. Ciò è aiutato anche dal fatto che l'immaginazione non è più un processo individuale, ma collettivo, grazie soprattutto all'azione dei mass media che attraverso la divulgazione di immagini, notizie, racconti, film, video, alimentano l'immaginario dandogli una speranza di concretezza e di conseguenza uno stimolo alla realizzazione. In questo senso Appadurai è in contrasto con le idee di Weber, il quale riteneva che i mass media sarebbero stati l'oppio per le masse, per lui diventano invece uno stimolo per l'agency.

L'immaginazione diventa una proprietà collettiva che attraverso la lettura, la critica e il piacere condiviso crea ciò che Appadurai ha definito una “community of sentiment” (2005:8), ovvero un gruppo che comincia a immaginare e sentire le cose insieme, non solo a livello nazionale ma anche globale.

Queste forme di contatto, solidarietà e conoscenza collettiva mettono insieme diverse esperienze locali di idee, gusti, saperi, piaceri che finiscono per mescolarsi e soprapporsi creando la possibilità di convergere in una “translocal social action” (2005:8).

Le teorie di Appadurai sono utili per comprendere come anche la magia e la pratiche religiose, insieme ad altre conoscenze, abbiano superato le barriere geografiche e non siano più confinate all'interno delle nazioni nelle quali sono state create. Vediamo appunto come anche l'Occidente si sia avvicinato alle pratiche magiche africane. Tali conoscenze, pur mantenendo un elemento di segretezza, non sono più nascoste o totalmente sconosciute, ma sono più accessibili, verificabili. Attraverso i media possiamo conoscerle, apprenderne le origini e la storia, vederle nei video e nelle immagini, effettuare ricerche e analisi fino a che entrano nella nostra mente e nel nostro immaginario, non più come esotici racconti di coraggiosi viaggiatori, ma come realtà concrete e sperimentabili. In più, rispetto al passato vi è anche la possibilità di spostarsi vivendo concretamente il sogno e la fantasia. Non ci più limiti spaziali. Oltre a conoscere i fenomeni dai media, possiamo anche viverli direttamente. Il divario fra desiderio e azione si riduce enormemente. L'informazione genera curiosità, la curiosità ricerca, la ricerca necessità e la necessità azione. La magia ritorna a far parte dell'immaginario, non solo in ambito locale (anche in Europa troviamo maghi, cartomanti etc), ma a livello internazionale, dove vi è una scoperta o una maggiore conoscenza di filosofie, religioni e pratiche magiche di altri paesi. Ciò che cambia rispetto al passato è che negli attuali percorsi di vita abbiamo delle possibilità in più per decidere come orientare le nostre scelte. Abbiamo più opzioni, più possibilità per decidere come agire. E la magia è rivalutata “as the result of a process of selecting options and answers” (De Blecourt e Davies 2004:8). Diventa il risultato di un'analisi fra diverse possibilità di soluzione, al pari della religione e della medicina.

Il mondo è diventato deterritorializzato, diasporico e transnazionale e lo è diventato anche in rapporto all'incontro fra le culture. Cambia l'idea di vicinato, il concetto di estraneo e di locale e quindi anche il nostro approccio a ciò che è estraneo in termini culturali, il nostro approccio verso l'alterità. Ciò che prima era meno conosciuto per un occidentale, come ad esempio i rituali e le pratiche magiche africane, ora non sono più lontani da casa, ma spesso sono dentro le nostre città o addirittura, siamo noi ad essere entrati in casa loro (nel momento in cui migriamo in un altro paese).

Il territorio di origine viene spesso abbandonato per delocalizzarsi ed è nel nuovo contesto che si deve creare una nuova forma di località. Le popolazioni spaesate, deterritorializzate generano nuovi vicinati, dai quali attingere anche diverse forme culturali, fra le quali appunto la magia; vi è quindi un inevitabile scambio di cultura stimolata dall'emergere di un immaginario fino ad allora sconosciuto o poco accessibile.



Il fascino della magia africana e la sua diffusione oltre confine

 

Durante il periodo coloniale vi furono i primi contatti fra gli occidentali e la magia africana. Da principio la magia fu vista come un fenomeno di superstizione ed ignoranza ma con il tempo si è arrivati a considerarla un sapere popolare specializzato di competenza di poche selezionate persone, dotato di concretezza e di una propria validità operativa. La magia è un sistema generatore di senso, soprattutto nell'ambito della salute, dove spiegare la malattia diventa spesso una necessità umana di comprensione e adattamento.


Peter Geschiere sostiene che ci sono segni evidenti della dinamicità delle idee e delle pratiche magiche e della loro connessione con i cambiamenti moderni. Le idee viaggiano a livello regionale e globale, contribuendo a generare fenomeni di ibridizzazione e scambio continuo. Secondo l'autore “it became increasingly impossible to study withcraft as something local, as most anthropologist had tended to do” (Geschiere 2013:106).

Peter Geschiere ci fa notare come in Africa la magia sia rafforzata dai cambiamenti della modernità e dal confronto con l'Occidente. Durante i suoi studi in Cameroun, i suoi informatori si lamentavano del fatto che la magia fosse sempre più presente in Africa. Apparentemente i cambiamenti – mercato globale, formazione dello Stato, sviluppo industriale, sistemi educativi e sanitari moderni, nuovi movimenti religiosi – influenzavano la sfera privata e la famiglia in modo così rapido e forte che diventavano difficili da gestire e la magia rappresentava un elemento di supporto. Inoltre, con le emigrazioni oltre oceano si potrebbe pensare che le relazioni con la magia, le tradizioni popolari e la famiglia si riducano o estinguano, ma in realtà il legame rimane, a volte più forte di prima. Geschiere dice che negli anni 1980 in Cameroun le persone dicevano: “withcraft will not cross the water” (2013:61), ma sembra che questa frase non sia più vera al giorno d'oggi. Gli uomini e le donne che emigrano sono soggetti ad alte aspettative e pressioni da parte della famiglia di origine che vedono nella loro partenza, in parte una forma di tradimento e disinteressamento nei confronti della famiglia, e in parte l'opportunità di beneficiare della possibile fortuna conquistata oltre oceano. Quando la realtà si rivela più complicata del previsto e gli emigrati non riescono a mantenere le aspettative della famiglia, invece di supporto spesso ricevono critiche e maggiori pressioni. Ritengono quindi che la famiglia invii loro spiriti cattivi come punizione per il loro mancato aiuto economico. La famiglia di origine spesso non è consapevole delle difficoltà che i loro cari incontrano oltre oceano ed è convinta quindi che il mancato aiuto sia frutto di arrivismo e di abbandono da parte loro. Tutto ciò fa si che i concetti legati alla magia non solo siano rafforzati dalle distanze ma finiscano per diventare parte della vita degli immigrati anche in Occidente.

Liliane Kuczynski nel suo libro Les marabout Africains à Paris (2002), racconta come molti africani abbiamo intrapreso tale attività in Francia ed in particolarmente nella capitale. Alcuni di loro praticavano la guarigione già in Africa e una volta in Europa decidono di riprendere questa attività. A volte lo fanno per mancanza di altri lavori, ma spesso perché il bisogno di visitare marabout diventa necessario anche lontani da casa.

Liliane Kuczynski (2002:310) definisce la clientela dei marabout “d'orgine multiculturelle”, “tres tôt les marabout ont spontanement depassé les limites de son famille et de leur groupe d'origine”. La clientela va quindi ben al di là dei loro connazionali. Gli europei non sono la maggioranza ma rappresentano comunque un gruppo degno di nota.


Vediamo ora di capire nella pratica quali sono gli elementi che rendono la magia, ed in particolare la magia africana, interessante ed attraente per il mondo occidentale.

Nelle tradizioni sciamaniche2 la malattia è sempre considerata come un disequilibrio, un disordine, una disarmonia, non solamente all'interno del corpo del malato ma ugualmente nella sua vita, nella sua comunità, nei suoi rapporti con la dimensione spirituale. L'individuo non è più considerato indipendente dal resto del mondo, ma c'è una interconnessione fra tutti gli elementi della sua vita. In quest'ottica l'uomo viene finalmente analizzato nella sua totalità di essere, fatto non solo di corpo e mente ma anche di anima e spirito.

Secondo lo sciamanesimo la malattia quindi non ha delle cause né dei metodi di guarigione predefiniti, ma va analizzata all'interno delle circostanze in cui appare. I metodi di guarigione sono suggeriti dagli spiriti e spesso sono legati a rituali collettivi e all'uso di piante. Lo scopo dello sciamano (o del marabout) è quello di ristabilire un livello di equilibrio ben più ampio di quello fisico, ecco perché è necessaria la preghiera e l'invocazione degli spiriti3.

La magia africana, ed in particolare mi riferisco alle pratiche dei guaritori in Marocco oggetto del mio studio, possiede molte caratteristiche in grado di mettere insieme tutti gli elementi di cui abbiamo parlato sopra. Innanzitutto il bisogno di un nuovo immaginario, che, in modo quasi anacronistico, ricerca una nuova e diversa visione del mondo e della vita attraverso la riscoperta delle antiche tradizioni magiche dove l'uomo viene visto come essere completo nel corpo e nello spirito (il pluralismo contemporaneo).

Il secondo elemento fornito dalla magia africana è il contatto con la dimensione spirituale, attraverso il riconoscimento dell'esistenza degli spiriti e dell'impatto che possono avere nella nostra vita. Un'idea della vita non più antropocentrica, ma un'idea di mondo dove l'uomo non è più disconnesso dalla natura e neanche da una possibile realtà ultraterrena.

Infine, la magia in Marocco unisce a tutto ciò la religione islamica, e quindi il contatto con il divino, in grado di fornire una sensazione di rassicurazione, di protezione e di legittimazione. L'uso del Corano, a mio avviso, consente, soprattutto dal punto di vista degli occidentali, di attribuire a tali pratiche un aspetto un po' più religioso e un po' meno magico e quindi di renderlo più 'accettabile' e conforme rispetto al nostro background culturale.

Ci sono poi altri aspetti che rendono le pratiche magico-religiose africane interessanti per noi occidentali. Esse permettono di attribuire le cause del male e dei problemi a delle fonti esterne (es: spiriti, stregoneria, malocchio) contrariamente al razionalismo occidentale che vede nel soggetto stesso la cause delle proprie disgrazie e porlo al centro del mondo come unica causa ed effetto dei propri problemi. L'esteriorizzazione dei problemi è un modo per ribellarsi alle norme della razionalità e dare spazio al bisogno di risposte alternative che vadano oltre la maggior parte delle correnti di pensiero religiose e politiche. Il desiderio di ricercare spiegazioni diverse non è nuovo nell'uomo occidentale ma è sempre stato visto come una cosa di cui vergognarsi e dalla quale nascondersi (Kuczynski 2002:407).

Un altro merito attribuibile alla magia africana dagli occidentali è l'interpretare le situazioni attraverso le emozioni. Le emozioni vengono considerate come parte del corpo, come elemento non separato della persona, ogni individuo attribuisce ai sentimenti e alle emozioni delle reazioni e dei significati diversi a seconda del proprio background sociale e psicologico. Invece di guardare all'aspetto biochimico o meccanico del corpo Fred Myers suggerisce di puntare su ciò che lui chiama “logical forms of specific emotional states” (1998:591), la crisi delle persone non è solo nel corpo ma va ricercata negli affetti, nei legami famigliari. La magia fa riferimento ai sentimenti e alle passioni e non le esclude dalla propria analisi e dalla cura. Le emozioni sono inoltre espresse culturalmente in modi differenti, anche se a volte sono universalmente condivise, e un occidentale di fronte alla magia africana ha la possibilità di esprimerle e rianalizzarle secondo la prospettiva di una diversa cultura.

Il vantaggio dell'intervento dei marabout è inoltre il loro pragmatismo, ovvero la possibilità di approcciare e affrontare i problemi del quotidiano in modo più rapido e concreto. Offre una risposta immediata ai problemi, sia quelli più semplici legati all'ordinario sia quelli più radicati.

I guaritori fanno uso nelle loro funzioni dei testi sacri della religione islamica che, in questo specifico contesto, diventa islam ordinario, islam quotidiano che non costringe ad una adesione ideologica o al rispetto di rigide regole o dogmi, ma che diventa pragmatico anch'esso, “juste le temps du 'travail'” (Kuczynski 2002:409). La religione diventa più pratica, più spiccia, più concreta, un islam più accessibile anche a chi appartiene a credo diversi.

In questo senso i guaritori diventano degli intermediari, nei problemi quotidiani, fra culture diverse, siano essi in Europa oppure nel loro paese. Secondo Liliane Kuczynski: “les marabout aient toujours un role infaillible de réintégration sociale, dans un context où l'internationalisation des entreprises rend leur action extremement complexe..” (2002:408). Diventano un punto di contatto fra gruppi diversi e, per usare i termini di Appadurai, fra località differenti.


Nel prossimo paragrafo descriverò nello specifico i guaritori spirituali marocchini, i fuqara.


 

I fuqara marocchini: guaritori fra magia, religione e medicina tradizionale

 

Il termine fuqara (sing. fqih), secondo la definizione araba formale, indica gli esperti di legge islamica, i giuristi, ma in Marocco viene utilizzato anche per indicare chi pratica Al-'ilm Al-ruhani, ovvero quella che possiamo definire come la 'scienza della spiritualità' (Spadola 2003:143).

Nell'Africa nera e in lingua francese chi pratica tale scienza viene chiamato marabout (dal termine arabo murabit che significa 'asceta'). I marabout sono spiritualisti islamici che si ritiene abbiano una privilegiata relazione con Dio e, grazie a ciò, sono dotati di speciali poteri di guarigione, divinazione e intercessione. Il termine marabout è usato anche in Marocco e fece la sua comparsa in Maghreb durante la conquista del Nord Africa da parte dei musulmani (sec. VII). Si riferiva a studenti di teologia o militari volontari il cui scopo era al contempo di proteggere i confini islamici e di divulgare la nuova fede. Essi gestivano i ribat che erano sia delle fortezze sia dei luoghi mistici dove venivano praticati rituali e pratiche devozionali ed attorno ai quali nacquero varie confraternite (tariqa) gestiste da maestri sufi. I murabit divennero quindi adepti di forme islamiche di misticismo e svolgevano un ruolo di supporto spirituale, politico e sociale, mediando fra i clan e i lignaggi. I ribat si trasformarono col tempo in monasteri (zawiya) che avevano una funzione educativa e didattica spirituale. I loro fondatori spesso vengono considerati santi e le loro tombe sono diventate luogo di pellegrinaggio. Mentre il termine marabout è ancora utilizzato in Africa nera e nell'Europa francofona per indicare un guaritore spirituale, in Marocco è stato sostituito dal termine fqih, mentre marabout viene usato solamente per definire un santo o la sua tomba.

 

I fuqara marocchini vengono considerati dei maestri, dei dispensatori, dei divulgatori di spiritualità. Utilizzano la recita del Corano per guarire dalla possessione di jinn (spiriti o demoni) o per contrastare gli effetti della magia nera (sihr) e del malocchio oppure per curare patologie fisiche e psicologiche di diversa natura, a volte anche grazie all'utilizzo di rituali della tradizione popolare e di ricette della medicina tradizionale. Sulla base della mia esperienza sul campo ho deciso, per maggiore semplicità, dividerli in due categorie. La prima comprende uomini letterati che hanno studiato l'Islam presso le madrasa o le facoltà religiose, sono esperti dell'Islam e della lingua araba e hanno ricevuto, in dono da un maestro o da un membro della famiglia, la baraka (grazia divina) e i poteri di guarigione. Alcuni di loro possono diventare anche imam o leaders religiosi. La seconda categoria è costituita da persone dotate di poteri speciali e di baraka trasmessagli per via ereditaria da un familiare (di solito nonno/padre o nonna/madre) ma non necessariamente letterati o studiosi dell'Islam. Conoscono comunque molto bene il Corano, che è indispensabile nella loro attività di guarigione. All'interno di quest'ultima categoria rientrano anche le donne, che non vengono però chiamate con il termine fqih, normalmente viene loro attribuito il semplice appellativo lalla (signora).

Occorre però specificare che il termine fqih può assumere anche una connotazione negativa. Infatti può essere al tempo stesso associato ad un guaritore, ed è indicativo quindi di persona virtuosa votata al bene, oppure può assumere un'accezione negativa ed essere utilizzato per definire i praticanti della magia nera.

Estremamente importante è il concetto di baraka che in arabo significa 'grazia'. La si può definire in molti modi: benedizione o grazia divina, qualità sacra, carisma, energia e forza divina, merito. Secondo Fabietti (2002:211) è un termine ritenuto costitutivo della santità ed un requisito fondamentale per un fqih. La baraka viene concessa solo a uomini particolarmente meritevoli, testimoni dell'amore divino attraverso una vita pura e pia. Vengono scelti dai maestri con cura e a loro volta posso trasmetterla a un discepolo degno di tale onore e potere. Insieme alla baraka il maestro può trasmettere anche il 'segreto', ovvero i poteri e le conoscenze speciali che permetteranno al discepolo di proseguire con l'attività di insegnamento e guarigione. Questi individui possono quindi diventare veggenti o indovini grazie all'ispirazione divina di cui godono e al sapere ottenuto. In questo caso la santità viene associata alla conoscenza del Corano, delle arti magiche, propiziatorie e mediche.

 

Prima di parlare in maniera specifica dell'attività di guarigione dei fuqara, è bene fare una premessa importante. Magia e religione in Marocco sono fortemente legate l'una all'altra e si intersecano fra loro poiché hanno entrambe come fonte i testi sacri, Corano e Sunna, che ne legittimano l'esistenza. Inoltre, le pratiche magico-religiose nascono dal sincretismo delle tradizioni popolari con le ideologie teologiche. Il Corano e la Sunna parlano dei jinn, del malocchio e della magia nera e rappresentano al tempo stesso sia la testimonianza divina della loro presenza nel mondo sia lo strumento indispensabile per contrastarli.

Secondo Vincent Crapanzano (1973:133-134) in Marocco vi sono diverse teorie sull'origine delle malattie; in particolare si possono individuare due macrocause: naturalistiche e prenaturalistiche. Le prime sono da considerarsi di tipo 'meccanico' (ovvero elementi/sostanze particolari che causano la malattia), le seconde invece possono essere causate dai jinn (quando si è stati da loro attaccati o posseduti) oppure dal malocchio o dalla stregoneria (ovvero quando il male è opera dell'uomo). Si ritiene che l'intervento dei fuqara sia particolarmente efficace nei casi di cause prenaturalistiche.

Tra le attività che svolgono nell'esercizio delle loro funzioni vi è l'interpretazione dei sogni, la chiaroveggenza e la meditazione. Attraverso la meditazione, in particolare dopo la preghiera serale, i fuqara sostengono di poter entrare in comunicazione con gli spiriti (jinn) per discutere ed identificare i problemi degli individui. Non vi sono tecniche uniche valide per tutti, quale che sia la fase (diagnosi o cura) i rituali, le invocazioni e i gesti possono variare molto da un fqih all'altro. L'elemento comune a tutti è però sicuramente la recitazione del Corano come fondamento e riferimento per l'esercizio delle proprie funzioni.

La diagnosi avviene partendo da primo colloquio con il paziente durante il quale il fqih in genere gli chiede il suo nome (a volte anche i suoi anni) e quello della madre. Queste informazioni permettono attraverso una serie di calcoli, di comprendere la persona e il suo posto nel mondo delineando una sorta di piano astrologico (come è stato definito da alcuni fuqara da me incontrati). Come abbiamo già detto, il dono speciale dei fuqara è quello di connettere naturale e soprannaturale per cui il loro ruolo è particolarmente indicato nella cura di malattie spirituali o psichiche. Ciò non toglie che la loro consulenza è spesso richiesta anche per problemi fisici (ad esempio per problemi di fertilità).

Oltre alla recita del Corano (durante la quale spesso il fqih appoggia anche le mani su varie parti del corpo del paziente sia allo scopo di 'sentire' l'eventuale male sia allo scopo di espellerlo con la propria energia), le pratiche di guarigione comprendono anche: benedizioni, invocazioni di jinn, creazione di talismani; trascrizione di preghiere su pezzi di carta successivamente da bruciare o sciogliere nell'acqua; sacrifici di animali (nei casi più gravi). Alcuni fqih abbinano anche tecniche di medicina tradizionale tramite l'uso di erbe e spezie con le quali creano pozioni da bere o da usare per lavarsi. Un bravo fqih però sa anche quando una malattia non è di sua competenza e deve essere trattata da un medico specialista.

Tutte le pratiche sopra indicate hanno principalmente lo scopo di liberare il corpo dalla negatività e dal buio, che può essere semplicemente frutto delle esperienze di vita, delle sofferenze e dei traumi, oppure, come abbiamo visto, causato dai jinn o dai malefici umani. In particolare la pratica di guarigione dalla possessione di un jinn ha un nome specifico e si chiama roqiya e consiste nella recita continua di specifici versi del Corano.

 

 

Il rapporto fra gli occidentali e i fuqara in Marocco

 

A mio avviso il merito dell'attività dei fuqara è quello di fornire una cura alla persona nella sua interezza, l'uomo viene visto come essere completo fatto di corpo, mente e spirito. Il fqih raggruppa in sé le figure fondamentali per il benessere umano: il medico, lo psicologo ed il consulente spirituale. Assume la funzione di terapeuta e di tutore morale e diventa spesso un punto di riferimento, non solo per i singoli, ma anche per le famiglie e le comunità.

Non stupisce che anche molti occidentali subiscano il fascino di tali pratiche di guarigione.

In base ai dati raccolti sul campo, posso sintetizzare vari motivi per cui gli occidentali ricorrono all'aiuto dei fuqara.

Innanzitutto le ragioni per cui vengono in contatto con loro sono molteplici. Più frequentemente perché vivono sul posto o hanno legami familiari o personali con marocchini, o perché vengono indirizzati da conoscenze locali, infatti parlare con un fqih richiede spesso la presenza di un traduttore in quanto normalmente parlano solo arabo o berbero. Gli occidentali che vivono sul posto tendono ad essere particolarmente coinvolti dal fenomeno perché la realtà culturale locale diventa parte del loro quotidiano. Il loro metro di giudizio e la loro prospettiva vengono, quindi, influenzati dalle dinamiche del luogo, a volte scontrandosi con la cultura di origine, altre volte generando forme di sincretismo attraverso l'accettazione di nuovi credo. Tra le persone attratte dalla magia vi sono però anche occidentali (a volte anche medici o terapeuti) interessati alla scoperta di nuove forme di guarigione o di ricerca spirituale o spinti dalla pura curiosità.

Anche i motivi che li spingono a ricorrere alla loro consulenza sono diversi. In molti casi ricorrono ai fuqara come ultima risorsa di guarigione, nel caso di malattie fisiche o mentali per le quali la biomedicina non ha dato risultati soddisfacenti. Molto spesso invece perché sospettano di essere vittime di malocchio o magia nera e quindi come forma di difesa.

In particolare quest'ultimo caso è molto diffuso. Circa il 90% dei marocchini crede nella magia nera e nel malocchio4, condizionando il loro quotidiano. E' normale quindi che anche un occidentale rimanga influenzato da tale visione della realtà nella vita di tutti i giorni.

Infatti, stando alle testimonianze da me raccolte, la possibilità che la causa del loro male sia la magia nera non sarebbe mai stata da loro considerata se si fossero trovati in Europa.

Il fatto invece che ciò sia successo in un paese in cui tale possibilità è parte del reale rende la cosa non solo plausibile ma persino credibile. Inoltre ho notato che le altre persone occidentali che ascoltano tali storie, le ritengono più credibili per il solo fatto che siano ambientate in Marocco, mentre non sarebbero state considerate tali se i protagonisti fossero stati a Parigi o in altre città d'Europa. Sembra che la realtà venga misurata con metri diversi in base al luogo in cui avvengono le cose. Come se il sistema razionale occidentale di analizzare i fenomeni possa essere messo temporaneamente da parte quando si parla dell'Africa e dei suoi episodi magici.

Pur essendo i guaritori presenti anche in Europa, gli occidentali da me conosciuti sostengono che non ne avrebbero fatto ricorso nel loro paese di origine, perché non avrebbero attribuito la causa del loro malessere al malocchio o alla magia nera ed inoltre hanno la convinzione che chi pratichi tali attività in Europa sia da considerarsi generalmente un ciarlatano.

 

Si rileva, inoltre, come la componente razionale sia ancora molto spiccata in alcuni occidentali alimentando lo scetticismo verso le pratiche magico-religiose e a volte aumentando la paura o il pudore nel parlare liberamente di tali fenomeni. A volte gli occidentali si rifiutano fino all'ultimo di considerare come causa del loro malessere la magia nera. Ammetterlo significherebbe considerare che la vita sia sempre condizionata da forze esterne incontrollabili e che l'azione e la volontà dell'uomo si riducano di potere e controllo. Alla fine spesso cedono per pura curiosità pur mantenendo però forti dubbi sull'efficacia di tali pratiche, anche una volta che i disturbi sono passati. La lotta contro la propria razionalità è ancora un elemento che condiziona l'atteggiamento di molti occidentali.

Vi è quindi chi ha la propensione a credere senza particolari riserve e persino a mettere in discussione o arricchire le proprie credenze culturali, ma vi è anche chi mantiene di fondo un atteggiamento scettico, a volte per paura o per vergogna. Nel primo caso vi è un'apertura verso l'alterità che porta a riconoscere l'esistenza di visioni diverse della realtà. L'accettazione di forme di sapere differenti genera un nuovo bagaglio culturale e forme di sincretismo ed è considerata come una forma di arricchimento personale. Nel secondo caso, al contrario, ammettere l'esistenza di forze soprannaturali in grado di condizionare l'esistenza, significa per molti dover considerare di non avere totale controllo sulla propria vita. A causa di queste contraddizioni non è facile trovare occidentali disposti a parlare apertamente del loro rapporto con la magia. Qualora l'intervento del fqih si risolva con successo, molti cominciano a credere o a rafforzare le proprie convinzioni; altri, invece, continuano a ritenere che la soluzione del problema sia stata solo una casualità.

 

 

Conclusione

 

Veniamo ora agli spunti di riflessione emersi dall'analisi dei dati raccolti sul campo.

Innanzitutto, si conferma il fatto che le persone ricorrono alla magia soprattutto in situazioni di crisi personale o familiare: malattie, problemi nelle relazioni di coppia o nel lavoro. Personalmente non ho riscontrato casi di occidentali in Marocco che ricorressero ai fuqara per causare del male o per conoscere il proprio futuro e orientare le proprie scelte. La magia per gli occidentali in Marocco rappresenta soprattutto una forma di difesa nei momenti di difficoltà. Le situazioni sopra descritte si sposano con le teorie di De Martino e Lindquist sulla crisi della presenza, la perdita di controllo del sé e il bisogno di riacquistare la speranza e il potere. Quando drammi personali inducono a perdere la propria presenza nel mondo, i riferimenti culturali tradizionali possono apparire come non più sufficienti e si cercano pertanto nuovi meccanismi da mettere in atto. Nel caso della salute, in particolare, il livello di vulnerabilità emotiva è molto più alto ed è più facile aprirsi a nuove conoscenze e sperimentare forme di cura alternative.

A questo bisogna aggiungere il fatto che la globalizzazione e la delocalizzazione ci mettono in maggiore contatto, rispetto al passato, con altri riferimenti culturali e diventa più facile per un occidentali attingere a soluzioni alternative anche al di fuori dei propri schemi sociali. Vivere in Marocco pone nel quotidiano gli occidentali di fronte all'esistenza di diverse pratiche di guarigione che, nel contesto, assumono un senso e aprono le porte verso un nuovo immaginario concretamente sperimentabile sul posto.

 

Un altro elemento di riflessione è rappresentato dal tema della razionalità.

Il dibattito fra gli occidentali su ciò che bisogna considerare razionale è ancora aperto. Alcuni di loro hanno ancora difficoltà ad accettare la magia come sistema dotato di logica e senso. Tuttavia, seppur con scetticismo, molti la sperimentano comunque.

Il concetto di razionale quindi è sempre più un concetto soggettivo. Stabilire il limite della razionalità è un'impresa impossibile, oltre che non necessaria. Il ricorso alla magia da parte degli occidentali in Marocco mostra come le persone modifichino il loro punto di vista e la loro prospettiva a seconda dell'ambiente in cui si trovano, mettendo in discussione la loro stessa idea di sapere, logica e verità. Sulla base di quanto sostenuto da Evans-Pritchard, la magia si conferma, ancora di più al giorno d'oggi, dotata di una propria struttura, di coerenza e di logica e diventa razionale in rapporto alla società che la esprime. Ciò che appare anche interessante evidenziare è però come la magia, nel mondo globale, non sia più solo reale e significativa in relazione all'ambiente in cui si sperimenta ma lo può diventare anche al di fuori di quel contesto e di quella realtà. I cambiamenti che la magia apporta nella vita delle persone sono spesso reali e verificabili, tanto da avere un impatto sull'individuo e sulle sue relazioni con gli altri. Un occidentale che ha sperimentato la magia in Marocco, potrà non praticarla più una volta tornato in Europa, ma i suoi riferimenti culturali sono comunque stati modificati e influenzeranno il suo modo di agire e pensare nel futuro anche in contesti diversi. Basti pensare come certe forme di spiritualità o di filosofie religiose abbiamo ripercussioni sulla vita delle persone e sul loro atteggiamento nei confronti degli altri, ad esempio le pratiche di meditazione o il veganismo. Le persone modificano il loro atteggiamento verso la natura, verso l'incontro con l'altro in modo più aperto, positivo, dove la dimensione spirituale acquista sempre maggiore importanza.

In quest'ottica scienza e magia non devono essere analizzati come sistemi separati, disposti su binari paralleli, ma come mezzi complementari e a volte intercambiabili nella gestione delle scelte.

 

Un'ultima riflessione è infine legata alla magia e alla religione come strumenti di connessione culturale. Ciò di cui mi sono resa conto osservando le dinamiche sul campo è di come molti problemi e drammi personali siano legati a comuni emozioni e bisogni, condivisi al di là delle differenze culturali. In particolare quelli legati alla salute, alle relazioni amorose e ai rapporti familiari.

Secondo Melford Spiro, al di là delle differenze culturali, che sono causate dai diversi contesti storici ed ecologici, vi è una “common psychobiological 'human nature'” (Spiro 1967:6), ovvero un insieme di principi e teorie comuni che attraversano trasversalmente tutte le culture. Secondo Spiro, la diversità culturale è accettata come un dato di fatto, ma è compito dell'antropologo spiegare, capire e conoscere le altre culture. Nonostante ci siano dei rischi nel processo di interpretazione (etnocentrismo, egemonia culturale, spiegazioni basate sui propri standards e valori), l'interpretazione stessa è possibile proprio perché “we share a common humanity”(Spiro 1992:XI)5. Perciò Spiro sostiene che, nonostante le ovvie differenze fra gli occidentali e gli altri popoli, gli altri non sono “other” ma “brother”, le cui credenze e azioni sono suscettibili, in principio, allo stesso tipo di spiegazioni che sono usate per descrivere i credo e le nozioni degli occidentali. Compito dell'antropologo è di rendere “the strange familiar and conversely the familiar strange” (Spiro 1992:57).

 

Ritengo che gli uomini siano tutti alla ricerca della stessa cosa, ovvero di un proprio livello di soddisfazione e felicità. E questa felicità è condizionata per tutti dagli stessi elementi: la famiglia, l'amore, le passioni, la salute. Ed è minacciata dagli stessi problemi: gelosie, invidia, malattia, rancori. L'unica differenza sta nel modo in cui questi problemi sono stati affrontati per molto tempo. Nel perseguire questo comune obbiettivo infatti ognuno, a seconda della propria cultura, si comporta in maniera diversa e mette in atto metodi e strumenti differenti. O almeno così è stato per secoli, soprattutto a causa delle barriere ideologiche, dell'etnocentrismo occidentale, delle difficoltà negli spostamenti. Ora tutto questo è cambiato. Nessuno di noi è più confinato all'interno della propria nazione e delle proprie nozioni, la possibilità di conoscere strade alternative è aperta a tutti. Nel mondo globale le strade si intrecciano, così come le idee, i rituali e le credenze.

La religione nelle sue varie forme è sempre stata presente in tutte le culture, ma mentre in Occidente prevalevano la razionalità della medicina e della psicologia, in Africa era maggiore il ricorso alla magia, ai marabout, alla medicina tradizionale.

Ora sembra che anche questa differenza si stia riducendo. Medicina, religione e magia sono sempre presenti, ma non più confinate in spazi geografici distinti. Gli elementi si combinano, le mentalità si confondono, i pensieri si condizionano a vicenda e quindi anche i modi per arrivare alla risoluzione dei problemi diventano patrimonio condiviso. In questo senso quindi la magia e la religione diventano ora un mezzo non per creare barriere culturali, ma per abbatterle perché possono diventare mezzi di condivisione e unione e non marcatori di differenze. Le religioni sono state, e sono tutt'oggi, usate come strumento di divisione e come pretesto per conflitti, ma è proprio nelle religioni che emerge la comune natura degli uomini perché, nella ricerca del Divino, mostrano il loro essere fatto di debolezze, di speranze, di bisogni affettivi e materiali. Nel momento in cui un occidentale cerca la soluzione ai propri problemi nelle pratiche magico-religiose in Marocco dimostra come queste possano diventare uno strumento per abbattere le barriere culturali.

 

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Note:

1 Si veda per Parsons: La struttura dell'azione sociale (1937) e Il sistema sociale (1951). Per Shils: The present state of American sociology (1948) e Toward a general theory of action (1951) con T. Parsons.

2 Vitebsky P. (1998) Gli sciamani: viaggi dell'anima, trance, estasi e rituali di guarigione. Torino: EDT.

3 http://www.tambourschamaniques.fr/chamanisme-traditionnel-definition/soins-et-guerison-chamaniques. Accesso 13 marzo 2015.

4 Secondo uno studio condotto sui marocchini e Islam nel 2012 e apparso su La Gazette del sito dafine.net, il 90,9% degli intervistati crede nel malocchio e più dell'85% ai jinn e alla magia nera. In particolare tra le persone con studi superiori il 77% crede nei jinn, nel malocchio e nella magia nera. Si veda http://dafina.net/gazette/article/sondage-sur-les-musulmans-du-maroc (accesso 7 marzo 2015). Inoltre, un sondaggio internazionale dell'Istituto americano Pew Research, pubblicato nell'agosto del 2012, rivela che i marocchini (86%) sono quelli che credono maggiormente ai jinn, davanti al Bangladesh (84%) e alla Tunisia (79%). Inoltre tunisini (89%) e marocchini (78%) sarebbero fra i primi a credere alla magia nera, subito dopo la Tanzania (92%). Infine, tunisini (90%) e marocchini (80%) sono fra i primi due popoli al mondo a credere nel malocchio (http://www.pewforum.org/2012/08/09/the-worlds-muslims-unity-and-diversity-4-other-beliefs-and-practices/). Accesso 10 marzo 2015.

5 Spiro M. (1992). Anthropological Other Or Burmese Brother? Studies in Cultural Analysis. New Jersey: Transaction Publishers, p. XI. Spiro continua dicendo: “...I believe that I “understand” them because in consequence of living with them it became apparent to me that, despite differences in our psyches, theirs like mine (and those of my western friends and acquientances) can be explained by one and the same set of principles and theories”.

 


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